Niente superticket da 10 euro perché ingiusto, inefficace e dannoso come lo è tutta la manovra del Governo. Il no del presidente della Toscana Enrico Rossi alla finanziaria del centrodestra è senza se e senza ma. Invita Berlusconi a dimettersi, ma chiede al Pd di essere meno timido sui tagli ai costi della politica.
Presidente perché ha bloccato l’aumento di 10 euro sui ticket?
«Perché quell’aumento potrebbe spingere qualcuno a rinunciare a una visita o a un esame che magari sono fondamentali per intervenire precocemente su una malattia. Quei 10 euro cioè vanno a incidere sul diritto alla salute. E poi perché è la solita logica di colpire in modo lineare presente in tutta la manovra».
Una logica sbagliata?
«Certo perché colpisce la gran parte dei lavoratori e i redditi mediobassi senza fare differenze di ricchezza come avviene con la diminuzione delle detrazioni che infatti puniscono i redditi più bassi rispetto a quelli più alti».
I soldi che però vi mancheranno come li troverete?
«Noi stavano già ragionando su un nuovo modello: un redditometro più legato ai patrimoni che non ai redditi che, vista la massa di evasione fiscale che c’è, non sono più uno strumento indicativo della reale ricchezza di una persona. Studieremo qualcosa che corregga il segno classista del superticket del Governo. Puntiamo a recuperare gli stessi soldi facendo pagare di più chi ha di più e cercando i furbetti che evadono. Ne ho parlato con Errani: sarà un bel banco di prova per i governi di sinistra delle nostre due regioni».
Un esame non facile alla luce dei tagli della manovra a Regioni e enti locali.
«Oramai siamo ben oltre il sostenibile perché stanno tagliando i servizi: sanità, trasporto pubblico, asili nido. Si puniscono ancora una volta i lavoratori e la popolazione meno ricca che di quei servizi ne ha bisogno per vivere, ma anche l’occupazione. Togliere quelle risorse produrrà più disoccupazione. La manovra avrà un effetto recessivo sulla nostra economia. Siamo alla decrescita infelice».
Ma allora il Pd ha fatto bene a consentire che la manovra fosse approvata in così poco tempo?
«Lo ha fatto per evitare al Paese guai peggiori che avrebbero penalizzato i più deboli. Scelta giusta, ma dobbiamo renderla ancora più chiara».
In che modo?
«Noi siamo stati responsabili, giusto? Quindi lo stesso grado di responsabilità ora devono dimostrarlo Berlusconi e Tremonti».
Cioè?
«Berlusconi per garantire la stabilità del Paese deve salire le scale del Quirinale e dare le dimissioni. In Europa il suo livello di credibilità è zero. E questo costa soldi al Paese. Dall’altra parte come Pd dobbiamo presentare una nostra contromanovra, che come dice Bersani, tenga fermi i saldi ma affronti il problema della distribuzione della ricchezza alleviando le sofferenze della parte più debole della popolazione e aiutando lo sviluppo».
Con che mezzi?
«Sarebbe giusta anche una patrimoniale, si può pensare a alzare le aliquote ai redditi dei più ricchi. E poi sarebbe davvero improponibile rimettere l’Ici sulle case più costose? Quel regalo fatto da Berlusconi valeva 4 miliardi. E perché non chiedere un contributo a chi ha riportato i capitali dall’estero pagando solo il 4 o il 7%, mentre la media europea è del 28%. Poi usiamo strumenti efficaci contro la piaga dell’ evasione fiscale come la tracciabilità delle transazioni da 250 euro in su. Si pensa davvero che queste misure siano più assurde che mettere un ticket da 10 euro o tagliare le detrazioni per i figli?» .
Sarebbero meno ingiuste.
«E noi rischiamo una protesta sociale di dimensioni mai viste che si può mescolare con l’antipolitica coinvolgendo tutti indiscriminatamente perché ritenuti tutti quanti una casta sorda, una consorteria incapace di aiutare il Paese».
Di certo i tanto annunciati (da Tremonti) e poi cancellati tagli ai costi della politica non aiutano.
«Da questo Governo e da questa maggioranza non c’era da aspettarsi niente di diverso. Ma su questo il Pd deve essere più chiaro e deciso. C’è da superare qualche timidezza e imbarazzo di troppo. Dobbiamo dire a voce più alta quello che già abbiamo scritto nel nostro programma. Quello che Bersani ha detto ieri a l’Unità: dimezzare i parlamentari, una sola Camera, Senato federale senza costi aggiuntivi, via i vitalizi al loro posto pensioni come tutti gli altri cittadini, stipendi come quelli che hanno nei Paesi europei, riforma delle province col tetto dei 500mila abitanti. Facciamoci dei manifesti da appendere alle feste de l’Unità. Facciamo volantini da dare alla gente. Facciamoci sentire, il nostro elettorato capirà che facciamo sul serio».
Lei ha invitato Berlusconi a dimettersi. Ma dopo? Elezioni anticipate o governo di transizione?
«Come dice Bersani occorre una ripartenza. Si può avere andando a votare o passando da un governo che cambi questa legge elettorale».
Ma l’alternativa al dopo Berlusconi c’è? Bersani su l’Unità dice che il fatto che Pd, Idv e Udc abbiamo presentato gli stessi emendamenti alla manovra è un fatto politico molto importante. Che ne pensa?
«Che è un fatto grande e positivo avere una proposta comune sulle questioni economiche».
Ma basta a costruire una proposta di governo alternativa?
«Avere un programma condiviso è importante. Le elezioni prima e i referendum poi ci hanno detto che è in atto un sommovimento nella società italiana. Il Pd deve starci dentro. Ascoltare, parlare, anche mediare quando necessario. Ma deve esserci. Per non disperdere questo vento verso una deriva populista o nel riflusso o nella protesta sterile».