LO PSICOLOGO RISPONDE: LA VIOLENZA GIOVANILE

aggressione_giovani-400x300Di Vincenzo Luciani

Essere adolescente oggi non è per niente semplice. La nostra cultura, purtroppo, è sprovvista di quei riti di passaggio che un tempo permettevano di traghettare, con relativa tranquillità, i ragazzi nell’età adulta. L’uomo si è sempre trovato a mal partito ogni volta che si è imbattuto in un’epoca contrassegnata dalla dissoluzione degli ideali esistenti. Se la crisi adolescenziale viene a sovrapporsi a quella della società, e a quella della famiglia, i ragazzi, davvero, non sanno più a che santo votarsi. In un momento in cui hanno più che mai bisogno di solidi punti di riferimento, avvertono venir meno ogni orizzonte di speranza. Orizzonte spazzato via da un’idiosincrasia sociale che da un lato incita al rispetto di codici etici e dall’altro sollecita comportamenti di segno opposto. Può capitare, allora, che i giovani svelino la loro fragilità attraverso sintomi più o meno appariscenti. Spesso questi sintomi interessano solo la loro vita. Altre volte si mostrano attraverso comportamenti che recano pregiudizio anche a quella degli altri. Quest’ultimo aspetto del loro disagio si mostra in tutta la sua crudezza nel fenomeno delle baby-gang. Questi ragazzi utilizzano il ‘gruppo dei pari’ non per elaborare i problemi che incontrano ma per agire in modo antisociale le loro fantasie infantili. Il gruppo adolescenziale in questi casi non costituisce più un modo per mettersi, temporaneamente, al riparo dall’incontro con la vita ma rappresenta un mezzo per tentare di annientare chi è percepito come un ostacolo al proprio narcisismo. L’impossibilità di elaborare in modo compiuto i propri conflitti e accedere ad una dimensione relazionale che permetta di riconoscere i limiti propri e quelli altrui, produce una spinta a distruggere tutto ciò che appare “altro da sé”. La propria libertà non si arresta dove inizia quella degli altri, perché l’altro diventa la proiezione, il ricettacolo, di tutto ciò che non si gradisce nella propria immagine. Sono gli altri i colpevoli delle proprie disavventure. Come Omero, nell’ Odissea, fa dire a Zeus:“Ci dicono causa delle loro disgrazie: ma (…), con le loro empietà (i mortali), si procurano dolori oltre il segno”. Per questi ragazzi è impensabile farsi carico delle proprie responsabilità, in quanto ritengono che il loro comportamento è solo la risposta alle provocazioni subite. Non si rendono però conto che aggredendo gli altri in realtà nuocciono anche a loro stessi. E’ quest’aspetto che rimane velato ai loro occhi, così come a quelli degli adulti. Ciò che si coglie in questi comportamenti è, infatti, soltanto la violenza verso gli altri. Non ci si accorge, invece, che mettendo a repentaglio la vita altrui, questi ragazzi distruggono, a loro insaputa, anche la propria. Cominciando, per esempio, con il frequentare le patrie galere e ponendosi progressivamente ai margini della vita civile.

CURRICULUM
Vincenzo Luciani è laureato in Psicologia presso la Facoltà di Psicologia dell’ Università degli Studi di Roma. Iscritto presso l’Albo degli Psicologi della Regione Marche, presso l’elenco degli Psicoterapeuti della Regione Marche. E’ membro della Scuola Europea di Psicoanalisi e dell’ Associazione Mondiale di Psicoanalisi. E’ autore di numerose pubblicazioni. Attualmente è Direttore Consultorio Familiare Zona 13

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