ILARIA CUCCHI A MACERATA. PER LEI UNA CALOROSA ACCOGLIENZA

Venerdì pomeriggio 22 novembre con un lungo, lunghissimo rispettoso e affettuoso applauso il pubblico del Teatro Lauro Rossi di Macerata accoglie l’ingresso sul palco di Ilaria Cucchi e dell’avvocato Fabio Anselmi intervistati dal direttore di Radio tre Marino Sinibaldi nella cornice del festival ” Sedendo e Mirando” organizzato dalla Regione, dall’ Amat, e dal Salone del libro di Torino.
È una donna provata Ilaria, dalla voce decisa ma a tratti commossa come se quel dolore atroce che in tutti questi anni ha devastato lei e la sua famiglia fosse accaduto poco fa’, e “sedesse” ancora li’, accanto a lei. Ancora vivo, vivissimo il ricordo di un male che stenta a trovare rassegnazione e perdono perché quella della famiglia Cucchi è la storia della morte di un giovane dove la droga è solo il preludio di una vicenda che diventa un risiko complesso ed interminabile di una battaglia giudiziaria densa di rinvii a giudizio di Corte di Appello e Cassazione, prescrizione di reati, depistaggi, ” insabbiamenti” di prove, verità scomode e sgradite portate avanti dalla caparbietà di chi proprio non vuole fare sconti all’ ingiustizia e lotta contro un muro spesso, spessissimo di un sistema di potere fatto di omertà e di soprusi.
” Stefano – ci racconta Ilaria – nella sua infanzia era un fratellino di una grande sensibilità, estroverso e brillante che come tanti purtroppo, poi crescendo, con l’adolescenza si imbatte in crisi e vicissitudini esistenziali che lo portano a percorrere sentieri angusti, tortuosi e devianti della dipendenza.” Chissà quanta umana fragilità si nascondeva nel suo vissuto e nell’espressione dei suoi occhi in quelle foto che l’ Avvocato Anselmi con il benestare della famiglia Cucchi volle far pubblicare sui media, foto scattate durante la biopsia sul cadavere di Stefano e che suscitarono tanto scalpore pubblico. Le foto quelle si, sono più eloquenti delle parole che spesso non bastano davvero a descrivere il dolore, lo strazio dei sentimenti e la realtà. Foto che però sbattono in faccia la verità anche a chi è pronto a tutto pur di negarla , verità che timida e nello stesso tempo risoluta riaffiora come un barlume di luce gettato nel buio di così tanta omertà!. Foto che violano la privacy e la riservatezza di una famiglia che avrebbe a pieno il diritto sacrosanto di elaborare il lutto nella propria intimità e discrezione ma Ilaria è la prima a comprendere che la loro non è semplicemente una lotta personale e giudiziaria ma semmai una battaglia di civilta’ dove è indispensabile che emerga la verità sulla morte di un giovane che non è morto per la droga ma semmai per i soprusi e la violenza perpetrata da esseri che più che uomini si dimostrano primitivi barbari.
Cesare Beccaria, Michel Foucault, numerosi giuristi , scrittori, filosofi pensatori nella storia ci ricordano che già nel XVIII secolo con l’evoluzione culturale di tre secoli fa’, con l’abolizione dei rituali dei supplizi e delle pene corporali l’attenzione giuridica si sposta finalmente dal crimine al criminale con l’introduzione di pene non più contrarie ai principi umanitari e dove il reo viene riconosciuto come una persona che attraverso le ” discipline del sapere” deve essere analizzato, rieducato, guarito e reinserito nella società. Dunque pene e condanne non più fisiche ma semmai tese all’evoluzione del reo e al recupero e alla rieducazione dello stesso.
Assurdo dunque che ai tempi moderni perfino un ex- ministro con tanta superficialità di analisi torni a parlare della morte di Stefano associandola in maniera falsa e grossolana alla droga, con il facile giudizio di chi però non dimostra la capacità di comprendere, approfondire, capire!
Per Stefano che non ha più voce per difendersi e per i suoi genitori che sopravvivono alla morte atroce di un figlio Ilaria continuerà a battersi e la sentenza recente che condanna a 12 anni di detenzione due carabinieri Di Bernando e D’ Alessandro accusati di omicidio prerintenzionale per la morte di Stefano lascia presagire un po’ di sollievo alla frustazione di chi subisce un’ingiustizia causata dal male altrui , un male atroce, sciocco , spietato e in maniera sconcertante banale come ci ricorderebbe la scrittrice Anna Harendt.
E l’applauso finale del pubblico si eleva nel teatro Lauro Rossi quasi ad abbracciare commosso la donna di Ilaria Cucchi, il suo dolore, il suo straordinario coraggio, la lezione di vita e di dignità che la sua storia lascia e continuerà a lasciare a tutti noi.
Di Antonella Sglavo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *