DEMOCRAZIE E TOTALITARISMI: STORIA DI UN POTERE CHE NON CAMBIA

bandiera-italiadi Antonella Sglavo

Ci sono rischi e preoccupazioni inquietanti che si insinuano nelle coscienze più accorte e ravvedute, rischi palesi ed evidenti nelle soleggiate calure di un agosto tutto italiano: la prospettata possibilità dell’elezioni anticipate con l’infelice ipotesi, purtroppo non remota, di consegnare il paese all’attacco feroce della speculazione internazionale.
Un paese che da circa dieci anni non vede in rialzo ma semmai in discesa il proprio prodotto interno lordo; un paese che “vanta” un debito pubblico tra i più alti d’Europa, un paese con un tasso di natalità tra i più bassi del mondo; un paese che non ha spazio e futuro per i suoi giovani, sui quali scarica in buona parte la crisi economica; giovani spesso istruiti più dei loro genitori ma a differenza di questi, rilegati ai margini di un sociale e di un mondo del lavoro che non li vuole.
Un paese che ha dimostrato di non essere pronto ad un bipolarismo autentico, aperto ad una dialettica e ad un confronto politico costruttivo, sulla scia di valori e diritti costituzionali inalienabili, accettati e condivisi realmente da entrambi gli schieramenti.
Un falso bipolarismo è oggi presente in un’Italia che semmai presenta un polo di “berlusconiani” e un altro di “antiberlusconiani”, che ricordano un po’ l’arcaica sommossa “guelfi-ghibellini”: scontro sempre acceso, guerra aperta ma non combattuta ad armi pari.
Questo è lo scenario deprimente d’inizio terzo millennio che cela una comunicazione di massa manipolata e costruita, un monopolio mediatico e televisivo in contrasto legale ma non a rigor di logica, con un potere accentrato, assoluto senza alleati, complici o nemici che non siano sottomessi, asserviti servitori, docili sudditi di una sudditanza senza docili sfumature.
C’e dunque una più profonda lettura del reale che allerta ad una sorveglianza non di apparenti vesti democratiche ma di strategiche spettralità che circondano l’invisibile, celando forme di repressione e di assoggettamento.
Di “visibilità” e “d’invisibilità”, di “normali” e “anormali”, di “controllore” e “controllati” se ne parlava già ai tempi dei grandi filosofi e pensatori del passato come Michael Foucault, il cui pensiero insinuatosi nelle discrepanze degli eventi storici arriva immortale e contemporaneo alla nostra modernità.
Dai tempi dei supplizi e dell’onnipotenza del sovrano dell’età classica, alla nascita della società disciplinare della rivoluzione francese con i suoi codici e le sue leggi, fino alla nostra costituzione e alle più moderne democrazie- lo diceva Foucault-la dinamica del potere non cambia: storie di definizioni, di discipline, di leggi al servizio di un potere per omologare, conformare, assoggettare, reprimere.
Rapporti di dominazione mascherati in maniera subdola dalla fittizia teoria della legittimità secondo la quale, la sovranità appartiene al popolo che la delega allo stato.
Legittimità dietro cui si ritrovano sudditanze, contestazioni dietro cui si ritrovano repressioni, democrazie dietro sui si ritrovano dittature.

 

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