#COSECHESIDICONO…TRA SPRECHI E PANE SOSPESO

La crisi morde, sembra che abbia fame pure lei, e si combatte anche a partire dagli sprechi alimentari che a leggere i dati più recenti sono impressionanti (Politecnico di Milano) ed evidenziano le contraddizioni abnormi della nostra società: 805 milioni di persone nel mondo soffrono la fame, mentre 1.5 miliardi sono obese; in Italia ogni anno 6 milioni di tonnellate di cibo finiscono nella spazzatura, pari a circa 8 miliardi di euro (mezzo punto di PIL). La questione è complessa e riguarda sia la riduzione dei rifiuti biodegradabili che il sostegno sociale.

Lo spreco non è imputabile solo alle grandi catene di distribuzione ma riguarda tutti gli anelli della filiera produttiva: ben il 41.6% è generato proprio da noi consumatori in ambito privato, abbindolati da promozioni, con relative raccolte punti, che ci spingono ad acquistare anche beni non necessari o non urgenti in quantità eccessive che molto probabilmente finiranno nella spazzatura.

C’è una discussione avviata tra le associazioni di categoria per “favorire e incentivare la donazione delle eccedenze e dei prodotti alimentari invenduti lungo la filiera attraverso la semplificazione, razionalizzazione e armonizzazione del quadro di riferimento normativo”.

Nel frattempo ci sono delle singole iniziative che hanno fatto parlare di sé e hanno evidenziato il problema anche e soprattutto da un punto di vista sociale. È il caso ad esempio di Foggia, la città dove il panificio del Signor F. a fine giornata, dalle 21.00 in poi, pone all’esterno del suo locale, all’interno di una cesta, il pane e la pizza avanzata che altrimenti sarebbero buttati. Una sorta di “pane sospeso” come il caffè.

Da sud a nord, un’esperienza simile è attiva a Valmadrera, Lombardia, provincia di Lecco, dove il panificio Rinaldi, per iniziativa della sua titolare Lorella, dallo scorso 9 dicembre, mette a disposizione di chi ne ha bisogno l’invenduto della giornata: pane e prodotti da forno ben confezionati all’interno di una cesta appena fuori il negozio.

Insomma esempi da raccogliere.

Poi ci sono delle rigidità fastidiose di alcuni direttori di supermercati che seguono pedissequamente le regole e impediscono di raccogliere il loro invenduto, ancora in buono stato, lasciato alle intemperie e all’incuria e qui si guarda e si anela alla Francia che sta invece rendendo obbligatoria la donazione o la redistribuzione alle organizzazioni no profit e ai banchi alimentari di prodotti ancora commestibili. Vi sembra che chi è spinto a cercare cibo nei vostri rifiuti possa avere finalità di lucro, o sia semplicemente costretto da necessità?

Intanto proviamo a seguire noi per primi alcune abitudini come quella di fare la lista della spesa, ci eviterà accumuli e successivi deterioramenti.

Il #cosechesidicono di questa settimana è ispirato da “A me del pesce non mi importa, basta che magno!”.

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