I GIOVANI E L’ALCOL. SBRONZA A DIGIUNO PER SENTIRSI DEL GRUPPO

giovani-alcoolSolitudine-gruppo, malinconia-stare insieme, sono binomi da tenere presenti nel cercare una spiegazione del cambiamento di abitudini nel rapporto con l’alcol. L’indagine Istat su “uso e abuso dell’alcol” ci dice che otto milioni di italiani devono in modo rischioso e, fra questi otto milioni, i gruppi più a rischio sono i giovani e i giovanissimi e gli anziani. I parametri sono quelli dell’Oms e delle tabelle appese nei ristoranti e nei bar per evitare di incorrere nei rigori del codice della strada. Gli anziani devono troppo anche semplicemente perché non sanno che dopo i 65 anni i 2-3 bicchieri al giorno, considerati la quantità moderata di consumo di vino, dovrebbero essere ridotti a uno. Quello che più colpisce è invece il gran numero di ragazzi e ragazzini che devono fuori pasto, in discoteca o nei locali dove si fa l’happy hour, e devono strane bevande dai colori fluorescenti, cocktail e amaro, superalcolici e birra a fiumi. Sono quasi il 19% i teenager (14-17 anni) che devono fuori pasto (erano il 15,5 nel 2001). E’una fascia di età particolarmente delicata, spiega l’indagine Istat, “perché non si è ancora in grado di metabolizzare adeguatamente l’alcol”. E ci sono “ragazze –racconta Gustavo Pietropolli Charmet- che mangiano lattuga dal lunedì al venerdì” poi ingollano una bomba caraibica e “vanno in coma etilico”. E’ il fenomeno del Binge Drinking, più volgarmente della la sbronza, una tantum “6 o più bicchieri di alcol in un’unica occasione”. Anche fra le ragazze e i ragazzi dagli 11 ai 15 anni la percentuale dei comportamenti a rischio è alta (12%9 e, dice il rapporto Istat, “è grave perché è un comportamento che pone le basi per possibili consumi non moderati nel corso della vita”. Gustavo Pietropolli Charmet ha appena pubblicato un libro, Cosa farò da grande?Il futuro come lo vedono i nostri figli (Laterza, 15 euro), è uno psicoterapeuta di formazione psicoanalitica e docente all’Università Milano-Bicocca. Tutti i suoi libri sono dedicati all’adolescenza. “C’è un motivo certo –dice- per spiegare l’uso e l’abuso dell’alcol non individuale come dello spinello o delle droghe leggere”, lasciando da parte il disagio individuale che non ha a che fare con le statistiche. Questo motivo è un “nuovo soggetto antropologico, il gruppo”. Nel gruppo si definiscono gli obiettivi: “ridere, facilitare la comunicazione, la confusione che fa stare assieme. “Si abbassa il livello del pudore, si stabilisce una maggiore confidenza che sembra amicizia, si ha così l’impressione di avere passato una bella serata. La domanda meno ovvia da porsi, invece, è perché il gruppo sia diventato così importante nella vita degli adolescenti. La spiegazione dello psichiatra è che i ragazzi sono già “immersi nella gruppalità da 0 a 15 anni, nella vita con i coetanei dal nido alla scuola superiore non hanno solo compagnia” formano anche le loro categorie di fondo, “cosa è giusto e cosa è ingiusto, cosa è bello e cosa no”. E’ in questa dimensione che nasce la dipendenza, la disponibilità anche a “fare sacrifici”. E’ il gruppo che beve troppo, senza distinzione di maschio e femmine, infatti la percentuale delle ragazze che beve è più alta di quella delle donne adulte. Magari al singolo non piace tanto o non è convinto, ma insieme “si supera la solitudine, la malinconia, la noia”. In una periferia degradata, una banda di maschi può scegliere la violenza o la droga pesante, fra i ragazzi del centro, di buona famiglia si usa “l’alcol o la droga leggera per ottenere un effetto stupefacente blando che ti fa superare il rischio di sentirti solo”. E infatti l’abitudine del Binge Drinking è più diffusa fra chi va in discoteca oppure in occasione di concerti e di spettacoli sportivi. Si sbronza di più chi va a ballare o alla partita (18%) di chi non ci va (6%) e in questo caso l’adolescenza si prolunga fino ai 44 anni (però forse quel 6% che beve troppo da solo sta peggio di chi si ubriaca in gruppo, è una percentuale che potrebbe denunciare disagio individuale). Il cambiamento del modello di consumo tradizionale, basato sulla consuetudine di bere durante i pasti, è particolarmente evidente tra le donne. Diminuisce infatti il numero delle consumatrici giornaliere da 5 a 4 milioni (l’ossessione delle diete), ma aumenta da 3,3 a 4,5 milioni quello delle donne che devono fuori pasto. Il 90% delle giovani fra i 16 e i 29 anni beve così mentre sulla sbronza più o meno a digiuno incide per il 65% la fascia degli adolescenti. Il fenomeno del Binge Drinking che fa assomigliare il comportamento dei ragazzi italiani a quello dei loro coetanei del Nord Europa è in crescita ma non ha scalzato le consuetudini: in testa ai consumi di alcolici c’è sempre il Nord Est seguito a ruota dall’Italia Nord occidentale, e il vino è la bevanda preferita. Questo fa dire all’Osservatorio giovani che l’Italia resta un paese in cui c’è “maturità nel rapporto con le bevande alcoliche”, mentre Cia e Confagricoltura ricordano che è importante l’educazione a bere bene.

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