UNA GRANDE BATTAGLIA CULTURALE E DI CIVILTA’

All’inizio degli anni ’70 c’erano tante persone che si erano separate dal proprio coniuge, che avevano deciso di interrompere la loro esperienza matrimoniale. Vivevano con tantissimi problemi, in assenza di diritti riconosciuti tra loro e nel rapporto dei figli, quando c’erano. Nacque così, su questa esigenza reale, una legge civile e moderna come quella del “divorzio”. Alcuni cercarono di ostacolarla e furono sconfitti, perché il “paese” era più avanti e capiva quanto fosse giusto e necessario concedere dei diritti a chi aveva esaurito un’esperienza matrimoniale e voleva ricostruirsi una vita di coppia.

Da sempre, poi, alcune donne praticavano l’aborto per i motivi più vari. Erano costrette a farlo clandestinamente, da sole e in maniera umiliante. Andando all’estero, quelle che avevano i soldi per farlo, o altre soffrendo i ferri delle mammane e qualche volta morendo. Dalla comprensione di queste situazioni e guardando avanti e per garantire dei diritti invece che nascondere la testa sotto la sabbia, nacque la legge per la maternità cosciente e responsabile. Un altro passo avanti nel rispetto della persona e anche, mi si permetta di dire, con un atteggiamento di amore per i propri simili e in particolare per le donne, a cui alcuni dal lontano ‘800 e per anni avevano negato anche il diritto di voto.

Oggi osservando serenamente la società italiana, ci sono alcune persone che amano, vivono e vogliono vivere con altre dello stesso sesso. Una situazione dovuta ad un progresso dei costumi che ha fatto giustizia di tante situazioni dolorose, di tanti segreti ossessivi e indicibili, di tanti suicidi che hanno vissuto gli omosessuali nella maschilista e bigotta Italia. Ma queste persone vivono una situazione di oggettiva emarginazione senza diritti civili che riconoscano la legalità e la normalità della loro unione, come, invece, avviene in tutti i Paesi d’Europa.
Il “decreto Cirinnà” vuole colmare questo vuoto legislativo e questa arretratezza culturale di una parte del nostro Paese. Una legge semplice che risponde alle esigenze delle coppie di persone dello stesso sesso: dalla possibilità della reciproca assistenza in caso di malattia, a quella di godere di alcuni servizi riservati alla coppie eterosessuali, alla possibilità di lascare le cose di proprietà alla persona che si ama… Nessuna equiparazione al matrimonio, come strumentalmente alcuni politici e alcuni opinionisti hanno velenosamente insinuato cercando di boicottare il senso più profondo e giusto della legge, ma solo il riconoscimento di unioni civili.
Oltre a questo esiste un problema riferito all’esistenza di eventuali figli. Una questione molto delicata, perché i bambini sono naturalmente degli esseri fragili e da proteggere. Anche qui la strumentalità (spesso arrivata all’osceno come le accuse a Vendola da parte di un inqualificabile Belpietro…)! Nessuno utero in affitto, nessuna adozione! Chi li agita è falso e sa di esserlo.
L’unica questione che pone l’art. 5 del ddl Cirinnà, noto come la stepchild adoption (l’adozione del figlio del partner), è quella che se una persona, che ha un figlio e si separa dal proprio coniuge o lo perde, vuole unirsi a una persona del suo stesso sesso, questa possa fungere come genitore adottivo di quel bambino. Senza togliere nulla ai figli delle coppie eterosessuali, quale ragione ci può essere per negare ad una coppia omosessuale di crescere un bambino, figlio naturale di uno dei due, di amarlo e proteggerlo?

La legge Cirinnà andrà come andrà nel nostro squalificato Parlamento, ma la battaglia culturale e civile che vi è contenuta non si fermerà e alla lunga tutti ne riconosceranno giustizia e valore. Magari come la Chiesa, che dopo 40 anni, grazie a un Papa che si chiama Francesco, ha deciso di “accogliere e accompagnare con amore i divorziati”, che altri, con cattiveria insensibile, avevano escluso dalla comunità dei cattolici.

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