QUELLE MANGANELLATE AGLI AQUILANI….HANNO COLPITO ANCHE NOI!

silenzi3di Giulio Silenzi
Pochi giorni fa è accaduto ciò che in un paese civile non dovrebbe mai accadere: forze dell’ordine in tenuta anti sommossa, un assetto esagerato,prendere a manganellate i cittadini aquilani che in corteo, Sindaci e Gonfaloni in testa, stavano manifestando la loro angoscia, rabbia, dolore per una situazione diventata ormai insostenibile. Una notizia che nei telegiornali e soprattutto nel Tg1 non ha trovato uno spazio adeguato e che a distanza di qualche giorno è già stata dimenticata come se non fosse nulla di impotannte. Mi trovavo al centro di Roma per motivi personali quando ho notato un gran movimento di macchine e camionette di polizia dirigersi verso un luogo preciso.
Ho iniziato a sentire uno strano senso di angoscia, aumentato quando, ho saputo che tutta quell’ urgenza era determinata dal fatto che a Roma si stavano svolgendo due manifestazioni: una degli invalidi civili nei pressi di
Montecitorio per rivendicare i loro sacrosanti diritti, l’altra degli abitanti o meglio dei “terremotati” de l’Aquila costretti ad arrivare nella capitale per gridare tutta la loro esasperazione. Eppure quel terremoto per il Governo era stata una grande operazione anche di marketing elettorale, alla vigilia delle Europee e Provinciali del 2009; un’occasione per quel grande comunicatore che è Berlusconi di trasformarsi in “salvatore della Patria”, arrivando perfino a giurare sulle 289 bare sistemate nel piazzale della scuola della Guardia di Finanza, che mai, avrebbe abbandonato la popolazione dell’Abruzzo. Ma quelli erano altri tempi, tempi in cui le televisioni di tutto il mondo erano lì a riprendere le sue parole. Addirittura, sempre Berlusconi, ipotizzò la possibilità di dividere il territorio in cento parti per affidarne una ad ogni Provincia d’Italia. Ricordo che io scrissi subito per dare la disponibilità della Provincia di Macerata, forte dell’esperienza acquisita nel ’97 quando ci fu da noi il terremoto. Fin da subito, però, gli uomini della protezione civile, mi fecero sapere che si trattava di una delle tante esternazioni tipiche di Berlusconi, la cui durata era solo di qualche giorno e che terminata l’attenzione mediatica, sarebbe finita nel dimenticatoio. E pensare che la ricostruzione nelle Marche è stata fatta nei tempi e nei modi giusti. Per cinque anni, da assessore regionale, avevo seguito la ricostruzione nelle zone terremotate del maceratese, da Serravalle agli altri comuni colpiti, e so bene, che parlare di RICOSTRUZIONE, significa partire dalle macerie; dal recupero dei mattoni che non si sono sgretolati e di altro materiale che si può riutilizzare; dall’assoluta conoscenza del suolo che ha bisogno di analisi tecniche per poi poter ricostruire in sicurezza anti sismica; da una normativa rigorosa e chiara; da una stretta collaborazione tra Regione, Comuni,privati professionisti e ordini professionali; da uno Stato che decentri veramente e che renda disponibili le risorse e da un alto grado di trasparenza che eviti le infiltrazioni malavitose. Senza tutto questo i tempi, al di là delle chiacchiere, sono destinati ad essere infiniti, così come la storia dei terremoti in Italia e delle successive ricostruzioni ci hanno spesso dimostrato. Nello stile berlusconiano però, ciò che contano sono solo i proclami: come quello, sostenuto anche dai tanti benpensanti di centro destra, che riguardava la soppressione delle Province, durato lo spazio di una campagna elettorale e sorpassato oggi dal fatto che come ha dichiarato Berlusconi “la soppressione porterebbe al risparmio di solo 200 milioni di euro, e quindi, non rappresenta una priorità”. Tornando al terremoto, Berlusconi aveva capito che per avere immediato consenso doveva costruire case in zone dove questo era possibile, un pò come se da noi, si fossero costruite sulla piana di Colfiorito nuove palazzine prefabbricate nel giro di pochi mesi. Ma questa
non è RICOSTRUZIONE, ma è costruire case nuove in altri luoghi. Ecco perchè, dopo una prima fase di consenso, la gente che a distanza di un anno vede nei centri storici le macerie ancora lì, che agli annunci non è seguita la
certezza dei finanziamenti, che i tempi che si voleva magicamente brevi invece si allungano notevolmente e soprattutto che non c’è più quell’attenzione che nell’immediato e prima del voto è stata molto forte, inizia a non poterne veramente più, anche perché, in quei paesi di montagna, quando rimani solo, tutto è drammaticamente più difficile. Il limite poi sembra non conoscere il peggio quando all’indomani della manifestazione romana, Berlusconi, ha addirittura cercato di scaricare la colpa dell’attuale situazione in Abruzzo sui Comuni, che a suo dire dovrebbero gestire le risorse che in realtà non ci sono. Andare a Roma a far sentire la loro voce, è stato un gesto estremo, dove non escludo che si possa essere infiltrato anche qualche facinoroso; il fatto però che migliaia di persone abbiano sentito l’esigenza di gridare aiuto andando a Roma, rappresenta il punto vero, cioè che le promesse fatte sono lontane dall’essere mantenute. Fino a quando gli italiani non avranno memoria, ma, si lasceranno sopraffare dall’emozione del momento, per Berlusconi, questo continuerà ad essere il modo giusto di fare politica. A rifletterci bene, l’altro giorno a Roma, abbiamo perso tutti. In quest’Italia, divisa tra Guelfi e Ghibellini, esistono enormità come queste, segno dei tempi e del degrado istituzionale che attraversa la nostra penisola.

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