DUE SUICIDI NEL GIRO DI POCHE ORE IN PROVINCIA DI MACERATA. UN 28ENNE E UN 50ENNE SI TOLGONO LA VITA

suicidaSi è gettato dalla finestra al quarto piano dove abitava in via Leopardi a Tolentino. M. B., 28 anni non ancora compiuti ha deciso così di mettere fine alla sua esistenza. Per i soccorsi giunti sul posto niente da fare, i  traumi subiti nella caduta non gli hanno lasciato scampo. A casa del giovane è stato trovato un appunto nel quale chiede che il suo corpo venga cremato. Da questo è facile immaginare che alla base del tragico gesto ci possa essere la depressione come nel caso dell’operaio 50enne, G.M, che sempre a Tolentino si è impiccato all’interno di un capanno di sua proprietà. L’uomo, scapolo avrebbe lasciato un biglietto dove ha spiegato i motivi del suo gesto.

Riportiamo di seguito un articolo dello psicologo Vincenzo Luciani per cercare di capire cosa accade nella mente di chi decide di farla finita:
 
“Ognuno di noi, fin dal primo vagito, è alla ricerca di un proprio posto nel mondo. Non si tratta di un’impresa semplice, lo sappiamo. A volte, nonostante gli sforzi profusi, capita che questo posto non si riesca a trovarlo o ci si renda conto che non è quello che avevamo cercato. E’ di fronte a questa, ricerca, a volte vana, che possiamo smarrirci, smettere di sperare, rinunciare a lottare. La nostra anima sprofonda, allora, in una vertiginosa disperazione ed il mondo diventa impermeabile ad ogni significato. Continuiamo a vivere in mezzo agli altri ma a noi giunge solo l’eco lontana delle loro parole. Nulla riesce a lenire il nostro smarrimento e la nostra solitudine. Gli altri non se ne rendono conto ma noi siamo già ai margini del mondo. Il nostro interesse per le cose e per le persone, anche di quelle che più ci stanno a cuore, è svanito senza che ce ne accorgessimo. La nostra esistenza ha perso ogni senso ed è divenuta un fardello insopportabile. Ci si sente stranieri sulla terra e vivere è diventato soltanto sopravvivere. Così la morte ci appare non più un evento da tenere il più lontano possibile bensì un trapasso che assume le sembianze di un sonno ristoratore. La morte è allora non soltanto desiderata ma, addirittura, cercata perché non è più sentita un insulto alla nostra vita ma come ciò che ci libera da un’esistenza spogliata da ogni desiderio. Essa è vissuta come l’estrema possibilità di sottrarci ad un dolore esistenziale nei confronti del quale non abbiamo più uno scudo sicuro. Shakespeare s’interroga se: “… è peccato precipitarsi nella segreta dimora della morte prima che la morte osi venire a noi?”. A quest’enigma ognuno deve apportare la propria risposta. Dante, ad esempio, non sembra particolarmente indulgente nei confronti di chi si toglie la vita tanto da porlo, nel settimo girone dell’inferno, dentro un fiume di sangue bollente. Io credo che dovremmo, in ogni caso, portare rispetto per tutti coloro che non avendo più né sogni, né progetti, percorrendo sentieri a noi ignoti non riescono più a distogliere lo sguardo dalla morte e scelgono di continuare a vivere soltanto nel ricordo di chi li ha accompagnati per un tratto della loro esistenza.”

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