CIVITANOVA? “NON E’ PIU’ LA STESSA. RUBA SPAZI PER CREARE VUOTI. COSTRUISCE E DEMOLISCE SENZA VERGOGNA”

demolizione2“Calvino scriveva che “ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone”. Inizia così, la lettera di Federica Senigagliesi, giovane scrittrice civitanovese. “Guardare, da cittadina, la Civitanova di oggi per tentare di coglierne la forma, vuol dire non riconoscerla. Non si tratta di una questione privata, di nostalgici ricordi d’ infanzia o di retorica del rimpianto. È vero che quando si nasce, cresce e vive in un luogo, inevitabilmente si appartiene ad esso; il legame tra una città e i suoi abitanti è di dipendenza reciproca. Sono – dovrebbero essere- proprio i cittadini, con le loro abitudini ed esigenze, a determinare lo spazio urbano in cui si muovono, interagiscono, vivono, e non il contrario. Una città che non tiene conto della istanze della sua anima motrice non può chiamarsi tale.

Fino a qualche anno fa osservavo i cambiamenti in corso a Civitanova con un occhio a metà tra il critico e il perplesso: spuntavano nuovi palazzoni di discutibile gusto architettonico e mi dicevo, mah, saranno delle sviste; spuntavano palme tropicali e mi dicevo, mah, sarà un’altra svista; si parlava di saccheggiato dell’arenile di pubblico demanio per impastare il calcestruzzo e mi dicevo, mah, sarà economia.

Poi mi sono pian piano rassegnata a vedere palazzoni improponibili in ogni dove, palme in ogni dove, mi sono rassegnata al traffico, alle auto in sosta lungo la pista ciclabile, alla pietra bianca direttamente dall’India, ai segnalatori di velocità, ai mercatini di prodotti biologici con un parcheggio nel mezzo, alle sculture d’arte contemporanea installate dentro rotatorie stradali, ai lavori in corso tuttora in corso, alla filodiffusione (con una selezione musicale altrettanto discutibile) e alle nuove luminarie natalizie.

È difficile essere distaccati quanto serve, ma non è possibile negare l’evidenza di una città come Civitanova che, almeno negli ultimi dieci- quindici anni, ha fatto della costruzione edilizia scriteriata e del traffico automobilistico i suoi marchi di riconoscimento. Le problematiche tuttavia sono molteplici e variegate, la cronaca locale ne riporta una diversa ogni giorno. Ma il punto comune credo risieda tutto nella mancanza di ascolto, nell’interruzione del dialogo tra chi amministra e chi ha delegato ad amministrare, nello strappo – a lungo andare, insanabile- tra il tessuto urbano e quello sociale e civico.

Ma se si volesse scattare una fotografia di Civitanova, cosa si vedrebbe? Con quali aggettivi si potrebbe descrivere, a colpo d’occhio? Una volta ho girato la domanda ad una cara amica qui di passaggio e la risposta è stata tanto inaspettata quanto evidente. “Sembra una vecchia signora che si è tirata le rughe, poi la guardi meglio e scopri che le rughe sono tutte lì, solo ben nascoste”. È proprio come passeggiare per il corso tirato a lucido e poi svoltare in una qualsiasi traversa e scoprire un paesaggio urbano che sa più di periferia dimenticata che di centro storico. E non è certo con disorganici interventi di restyling che si può salvare l’identità intera della città ( dal centro a tutti i suoi quartieri). Credo che Civitanova sia ormai perduta, che abbia usato male i propri assi nella manica – il mare e le risorse ad esso legate, le remotissime radici pre-romane, la storia di tutti quei singoli cittadini che l’hanno irrobustita nel corso del tempo – e che in fondo sia diventata una città noiosa. Va bene a chi ha soldi da spendere nelle boutique, al minchione in doppiopetto e snickers sottobraccio alla giovane russa, alle quindicenni stile Fornarina, alle quarantenni stile Fornarina, ai saldi e ai loro comandamenti. È una città che va bene per chi voleva un’aiuola in più, un marciapiede diritto, una strada rattoppata, qualche palma esotica stile Malibu. Va bene a chi viene a farsi un giro in Suv, alle macchine in sosta sopra i marciapiedi, va bene per gli happy hour in riva al mare, per le sfilate di Miss Italia, per le auto celebrazioni da Bandiera blu.

È noiosa perché non ha più niente da dire, niente da ricordare, demolisce e costruisce senza vergogna, ruba spazi per creare vuoti, è una città finita, anonima, che ha rinunciato alla genuina irriverenza della gente di porto, ha rinunciato a se stessa”

Questa è la sua cartolina da Civitanova. E la vostra?

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