CASO CIVITANOVA: SI SALVANO SOLO IL COMMERCIALISTA DEI CONIUGI DIONISI E ANCHE IL PROPRIETARIO DELLA CASA

6Ho passato un pessimo fine settimana, la vicenda dei tre suicidi di Civitanova Marche mi ha fatto comprendere il livello di volgarità che abbiamo raggiunto, come classe dirigente, come media, come cittadini. Tre sessantenni di estrazione operaia, poveri, senza lavoro, indebitati, vedendo nero nel loro futuro, decidono di suicidarsi. Appartengo a una generazione nella quale la mia classe sociale, quella dei poveri, non si suicidava. Negli anni ’40 c’era la guerra, eravamo tutti concentrati a cercare di non morire, negli anni ’50 e ’60, eravamo impegnati a lavorare per riprenderci la vita; solo i ricchi si suicidavano: i motivi erano legati o al gioco o al sesso, i loro due passatempi preferiti. Lungi da me dare giudizi, il suicidio è il momento più drammatico, intimo, del nostro status di uomini, in sua presenza è ammesso solo il silenzio.

Non si può invece tacere sui comportamenti volgari (uso un eufemismo) messi in campo da politica, media, parti ideologizzate della società.

Eccoci allora al volgarissimo «uccisi dallo Stato»: mi chiedo se coloro che lo pensano, lo urlano, lo scrivono sappiano ancora dare un significato alle parole, dimenticando che sono pietre. Curiosamente, al funerale erano presenti quelli che sarebbe stato meglio fossero assenti. Poi la volgarità di parte dei media di definire «esodato» (ed esodato non era) il capofamiglia, facendo passare il concetto che destino finale per gli esodati sia il suicidio: orrendo. Ciò premesso, considero la macchia più indelebile del governo Monti il non aver voluto risolvere il problema degli esodati, emerso non ora ma poche settimane dopo l’approvazione della riforma Fornero sulle pensioni, peraltro eccellente nella sua architettura complessiva. La sciatteria di alti burocrati e del ministro aveva rimosso (altro eufemismo) che qualche centinaia di migliaia di lavoratori avevano accettato, previo accordi fatti ai «tavoli» del ministero fra sindacati e aziende (ad una ho partecipato anch’io, conosco personalmente degli esodati, quindi so di cosa parlo), di dare le dimissioni, a condizione di essere «accompagnati» alla pensione da «pacchetti» personalizzati, comprensivi di quattrini dell’azienda, assegni di disoccupazione, contributi pensionistici anticipati.

Era chiaro che avendo la riforma, successivamente, modificato i parametri, occorreva trovare immediate soluzioni ad hoc, essendo inaccettabile che dopo 35-40 anni di lavoro un operaio alla soglia dei 60 sia senza salario, senza ammortizzatori sociali, senza pensione, dopo aver fatto un accordo sindacale trasparente e ufficiale. Questa la «volgarità» inaccettabile, trasformatosi in un osceno balletto di cifre fra alti burocrati e ministro, purtroppo tutti colpevolmente non «esodati» in tronco. Spero che qualche università si metta a fare questa banale sottrazione: i «risparmi» della riforma Fornero (sono noti), meno i «costi» per gli esodati e tutti gli annessi e connessi.

Questa vicenda mi ha insegnato, ancora una volta, che nella gestione delle grandi organizzazioni umane l’eccesso di intelligenza è inversamente proporzionale ai risultati conseguiti. Nello stesso tempo, sono orgoglioso di essere concittadino del commercialista dei coniugi Dionisi, Pierluigi Concetti, che mai volle essere pagato, e di Mario Pagnanini, il proprietario della casa, che negli ultimi tempi mai sollecitò gli affitti scaduti. Per me, lo Stato è questo. Il resto? Élite inette e fuffa comunicazionale.

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