Il fittizio trasferimento della residenza all’estero di un professionista, prima a Londra, poi a Dubai, e la contestuale cessazione formale della partita Iva non impediscono all’Amministrazione finanziaria di accertare l’effettivo esercizio di un’attività economica all’interno del territorio nazionale. Lo ha stabilito la Commissione tributaria provinciale di Macerata che ha accolto la tesi dell’Agenzia delle Entrate secondo cui il contribuente, pur avendo trasferito la residenza prima in Gran Bretagna, e successivamente negli Emirati Arabi, ha di fatto continuato ad operare in Italia, conseguendo redditi non dichiarati e mantenendo rapporti professionali e stretti vincoli di parentela. L’accertamento tributario per circa 3 milioni 700 mila euro, si fonda sul recupero a tassazione di redditi di lavoro autonomo, determinati dall’Agenzia maceratese sulla base delle rilevanti somme di denaro transitate sul conto corrente del contribuente e non giustificate.