L’arresto a Porto san Giorgio di un cingalese di 40 anni che, per motivi legati alla situazione economica della famiglia, ha aggredito la moglie e la figlia di due mesi, impone una riflessione sul crescente fenomeno delle aggressioni tra le mura domestiche. L’uomo, residente da diversi anni in Italia con i congiunti, ha prima tentato di strangolare la donna e le ha poi provocato un taglio alla mano con una forbice. Anche la bambina, tenuta in braccio dalla madre al momento dell’aggressione, ha riportato una ferita alla palpebra destra. L’uomo ora si trova rinchiuso in carcere, ma le conseguenze del suo gesto potevano essere ben più gravi. Purtroppo la violenza domestica è un fenomeno trasversale: non è riconducibile a particolari fattori sociali, né economici, né razziali, né religiosi. Può essere causata da occasionali e sporadiche perdite di controllo. Spesso
risponde alla volontà di esercitare potere e controllo sulle donne e in qualche caso anche sugli uomini e per questa ragione l’episodio violento non è quasi mai leggibile come un atto irrazionale, ma è quasi sempre un premeditato. Gli stessi aggressori affermano che picchiare è una strategia finalizzata a modificare i comportamenti delle proprie compagne o compagni. Un fenomeno in crescita che ha spinto la Banca Mondiale a riconoscere la violenza domestica come un problema di salute pubblica, in quanto incide gravemente sul benessere psico-fisico delle donne.