UCCIDE LA MOGLIE A REVOLVERATE: IN CASA AVEVA ALTRE ARMI

om1Una Smith and Wesson 38 special, con la quale ha ucciso la moglie sparando almeno 9 colpi in un folle inseguimento fra la cucina e la camera da letto. Ma anche altre armi da fuoco (sembra tre), regolarmente detenute. Il piccolo arsenale domestico di Maurizio Foresi, l’autotrasportatore cinquantacinquenne di Civitanova Marche che ieri ha freddato la moglie, Grazyna Tarkowska, operatrice socio-sanitaria polacca di 44 anni, davanti alla loro figlia diciannovenne, era ancora intatto, nonostante l’uomo avesse già aggredito la compagna a dicembre, accettando poi di sottoporsi ad un accertamento sanitario psichiatrico obbligatorio. I carabinieri di Civitanova alta, dove la famiglia possiede una villetta, teatro dell’omicidio, avevano chiesto alla Prefettura di Macerata di revocargli il porto d’armi, ma di norma questo tipo di pratiche viene completato non prima di un mese. E il raptus del camionista, provato da una serie di lutti familiari e difficoltà nel lavoro, è scattato prima. Sarà l’autopsia, che il medico legale Antonio Tombolini dovrebbe eseguire domani su disposizione del pm Claudio
Rastelli, a stabilire quanti colpi abbiano effettivamente raggiunto la povera Grazyna: di sicuro, mentre la figlia scappava al piano di sotto, dalla zia, per chiedere aiuto, Foresi ha fatto in tempo a ricaricare l’arma una seconda volta, accanendosi sulla moglie senza pietà. Poi si è barricato in casa, e solo dopo una trattativa al citofono con i carabinieri si è arreso. Ora è rinchiuso nel carcere di Ancona, guardato a vista, in attesa dell’udienza di convalida del fermo per omicidio aggravato. Con chi l’ha disarmato ha bofonchiato qualcosa su presunti
dissapori con la moglie, anche di ordine economico. Ma Grazyna, molto benvoluta per il suo lavoro nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Civitanova, non l’aveva neppure denunciato per l’aggressione violenta: le avevano messo dei punti per una ferita alla testa: “mi sono fatta male da sola, in casa” aveva sostenuto lei. Una bugia che non è bastata a salvarle la vita. La morte dei genitori e poi del fratello, la crisi economica che minava la sua attività di piccolo ‘padroncino’, forse la paura di ammalarsi gravemente come il fratello: tutti elementi che potrebbero aver minato nel profondo l’equilibrio mentale di Foresi. Che comunque da qualche tempo era in cura, e si sottoponeva regolarmente alle visite mediche periodiche per chi guida un camion.

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