Ogni anno, puntualmente ai primi di settembre, si assiste allo stesso copione: tutto si chiude, quasi tutte le attività cessano. L’estate sembra terminare bruscamente. Finite le ferie, finito il pienone di incassi che contano. Così non si può parlare di vocazione turistica, di cultura del turismo, dell’accoglienza, dei servizi, ma solo di incassi e grandi guadagni. Tutte le retoriche sulla destagionalizzazione si infrangono alle prime piogge, al calo delle temperature, e non si riesce a organizzare eventi che allunghino la stagione.
Non c’è voglia di fare quello che fanno territori con una vera cultura turistica, come la Romagna o il Veneto, che riescono a prolungare la stagione grazie a una combinazione di eventi, infrastrutture adeguate e una mentalità proattiva. Questi territori comprendono che il turismo non è solo una questione di alta stagione, ma un’attività da curare e coltivare per tutto l’anno. Offrono servizi e organizzano eventi che attirano visitatori anche nei mesi autunnali e invernali, e sanno promuovere una varietà di esperienze che non dipendono esclusivamente dal sole e dal mare.
A Civitanova, invece, gli stabilimenti pagano affitti o canoni irrisori, che nessuno conosce né pubblica. Ci si lamenta delle regole europee, ma dal 1° settembre non si offrono più servizi e non si organizza nulla. L’amministrazione comunale, dal canto suo, sembra condividere la stessa miopia: una volta superato il 31 agosto, scompare ogni programmazione e ogni visione strategica. Non ci sono piani a lungo termine né idee innovative per valorizzare il territorio e attirare visitatori anche nei mesi meno tradizionali.