SPENDING REVIEW: MARIOTTI, ”ECCO COSA SI POTEVA FARE PER SALVARE LA PROVINCIA DI MACERATA”

foto-mariotti-002 Quali saranno gli effetti del decreto sulla spendig review, recentemente convertito nella legge 135/ 2012, per la città di Macerata e per l’intero territorio provinciale? Probabilmente la morte della città, che si è sempre definita città di servizi e che senza tali servizi resterà, e poi lo smembramento del territorio della nostra provincia tra quelle di Ancona e di Ascoli. Del resto a cos’altro si può ipotizzare quando, gradualmente, si assisterà alla totale o, nella migliore delle ipotesi, parziale chiusura degli uffici della Provincia e di quelli delle Amministrazioni statali a decentramento provinciale. Gli effetti saranno paragonabili a quelli conseguenti alla chiusura della sede della Banca d’Italia, moltiplicati per il numero degli uffici interessati (prefettura, questura, comando CC, comando VV.FF, comando Polstrada, Inps, Inail, Direzione provinciale del lavoro, Motorizzazione civile, provveditorato, ecc.). A questo si aggiunga anche la più che probabile disgregazione del territorio provinciale che, in parte finirà per chiedere di essere annesso alla provincia di Ancona, ed in parte resterà con la macroprovincia Marche Sud, perdendo completamente identità e peso politico ed economico. Cosa si può fare per evitare questo “disastro annunciato”. L’impressione è che la politica locale si sia mossa in modo scomposto e privo di una valida strategia, mentre la popolazione stia assistendo praticamente inerte alla fine della sua città ed allo smembramento della sua Provincia. La prima azione messa in campo dai politici locali è stata la proposta di ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto legge sopra richiamato; ma qui le prospettive di successo sono scarse sia perché la Regione, che sola può farlo, non sembra intenzionata ad accogliere la richiesta di presentare tale ricorso e sia, sopratutto, perché esimi costituzionalisti (Prof. Valerio Onida, in un recentissimo parere reso alla Regione Marche, e prof. Vincenzo Cerulli Irelli, in un altrettanto recentissimo parere reso all’Unione delle Province UPI) ritengono che la norma da impugnare possa essere considerata conforme alla Costituzione e, quindi, il ricorso improduttivo di effetti. Quale strategia di riserva è stata allora considerata? Quella di proporre al Governo la ricostituzione delle 4 province esistenti prima della nascita della provincia di Fermo, nel 2009. È una proposta sensata? A mio parere poco sensata e scarsamente logica visto che si vorrebbe chiedere al Governo di ammettere, per le sole Marche, una doppia deroga ai criteri demografici e territoriali fissati per il riordino delle province (almeno 2.500 Kmq ed almeno 350.000 abitanti). Infatti due delle quattro province proposte non avrebbero i requisiti richiesti poiché a Ascoli-Fermo manca il territorio ed a Macerata manca la popolazione. E non si dia ascolto alle sirene di qualche deputato che vaneggia di possibile compravendita di comuni tra le province proprio per salvare Macerata. Questa cosa non si può fare perché lo ha chiarito il Governo e lo affermano chiaramente anche i due pareri citati. Per cui sperare che il Governo conceda alle Marche una doppia deroga, per di più proposta dai soli vertici della politica locale senza la partecipazione e condivisione dei territori, è pura follia. Cos’altro si poteva fare? Sicuramente si poteva tentare, in accordo con i territori interessati, una diversa distribuzione territoriale che portasse all’unione delle province di Macerata e Fermo, sulla base di un chiaro accordo sulla ripartizione dei servizi provinciali, sul modello della provincia di Pesaro-Urbino. Avremo avuto così 3 province in regola con i parametri governativi ed una, quella di Ascoli residuale e derogatoria ma per necessità visto che, confinando con altre regioni, non può accorpare altri territori. Ovviamente su questa proposta avrebbe dovuto svilupparsi un dibattito partecipato dai territori e dai comuni interessati al nuovo assetto, soprattutto per le due ex province di Fermo e Macerata che presentano molteplici affinità storico-culturali-religiose, ma anche economiche e territoriali, proprio quei requisiti che il Testo Unico degli Enti Locali, all’art. 21, pone a base di ogni modifica delle circoscrizioni provinciali attuata secondo il sistema ordinario fissato dall’art. 133 della Costituzione. Sostanzialmente i rappresentanti e i responsabili politici che operano nelle due ex province avrebbero dovuto percorrere questa strada coinvolgendo i comuni nelle rispettive Conferenze provinciali delle autonomie ed anche con pronunciamenti ufficiali dei propri organi provinciali e comunali. Questo avrebbe consentito di presentare al CAL una proposta con probabilità di successo nettamente maggiori della disgraziata ipotesi che ora viene propugnata. Su cosa baso queste mie considerazioni, prima di tutto sul ragionamento di buon senso che richiedere ed ottenere la deroga per un solo territorio è più facile che ottenerla per due territori (che poi sarebbero il 50% delle province previste nella Regione); poi sulle considerazioni ancora una volta colte dai due pareri degli esimi costituzionalisti sopra citati i quali sostengono, giustamente, che il Governo ed il Parlamento in sede di adozione del definitivo provvedimento legislativo di riassetto, non essendo vincolati dai predetti parametri di popolazione e territorio che sono stati prima indicati, potrebbero esprimersi favorevolmente sulla proposta di riordino delle province delle Marche se questa proposta, anche in parte derogatoria dei criteri generali, avesse il convinto e maggioritario sostegno dei territori interessati, magari anche attraverso il positivo intervento dei parlamentari locali che, per una volta, potrebbero giocare in squadra con e per il territorio e non solo e sempre per se stessi, così come hanno fatto quando hanno votato la fiducia al provvedimento che avrebbe comportato la scomparsa della nostra provincia e la morte della nostra città.

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