da “La Reppublica” del 15 agosto 2010
di Eugenio Scalfari
SONO maledettamente stufo di dover seguire i miei obblighi professionali commentando la ripetitiva rissosità e inconcludenza dei politici, l’incontenibile pulsione anticostituzionale di Berlusconi, l’uso dei dossier nei confronti di Fini e le controaccuse dei finiani contro il Cavaliere, gli sbraiti di Di Pietro contro tutto e tutti, il bastone secessionista della Lega che spunta dai borbottii di Umberto Bossi, l’attesa del Partito democratico e Godot che non arriva perché ce ne sono troppi e si paralizzano reciprocamente.Sono maledettamente stufo e non sono il solo. Sono stufi la maggioranza schiacciante degli italiani con il pessimo risultato che il distacco dalle istituzioni è diventato un abisso. Ed è stufo e molto preoccupato il Presidente della Repubblica, come lui stesso ha detto con parole sue nell’intervista rilasciata tre giorni fa all’Unità.
Napolitano ha segnalato il vuoto che si è aperto da quando la rissa politica si è trasformata in rissa istituzionale; ha chiesto ai responsabili di questo stato di cose di mettervi fine al più presto; ha osservato che una crisi di governo al buio e un’eventuale campagna elettorale “selvaggia” rischierebbero di avere esiti nefasti per la democrazia. Quanto a lui, ha confermato quanto già sapevamo del suo modo di pensare e di agire: farà tutto ciò che la Costituzione gli consente e gli impone di fare se si aprirà una crisi di governo. Niente di più e niente di meno.
Questo suo rispetto degli obblighi costituzionali ai quali ha giurato di attenersi (l’hanno giurato anche tutti gli altri “pubblici ufficiali” a cominciare dal presidente del Consiglio, dai membri del governo e dai presidenti delle Camere, ma sempre più spesso se ne scordano) gli ha infatti procurato un livello di fiducia popolare che sfiora l’unanimità e rappresenta uno dei pochi elementi positivi, forse il solo, della pessima situazione che stiamo vivendo.
La Costituzione stabilisce che spetta al capo dello Stato il potere di sciogliere le Camere se il Parlamento non è in grado di esprimere una maggioranza, così come è in suo potere nominare il presidente del Consiglio e su sua proposta i ministri rinviando il governo alle Camere per ottenerne la fiducia. Da questo punto di vista ha ragione Napolitano di ricordare che non esiste un governo tecnico: i governi debbono ottenere la fiducia del Parlamento e quindi sono tutti e sempre governi politici, quali che siano il presidente del Consiglio e i ministri che ne fanno parte. Purtroppo gran parte dei politici ignorano o dimenticano questi principi costituzionali e le norme che li configurano. Di qui lo stucchevole teatrino che va in scena ogni giorno con poche varianti.
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Una variante notevole era sembrata la separazione dei finiani dal Pdl. Le motivazioni erano chiare, il dissenso su punti decisivi – a cominciare col rispetto della legalità – e la mancanza di luoghi e strumenti per renderlo palese all’interno del partito giustificavano la secessione. Essa però non fu portata alle logiche conseguenze. Si volle mantenere una fittizia appartenenza dei finiani al Pdl “per non tradire la volontà degli elettori che li avevano votati”.
Va detto – e Fini lo sa perfettamente – che uno dei cardini portanti della nostra Costituzione è l’articolo 67 che stabilisce che “i membri del Parlamento rappresentano la nazione e sono eletti senza vincolo di mandato”. Quest’articolo è fondamentale perché è il solo strumento che impedisce alle oligarchie dei partiti di asservire gli eletti dal popolo. Il popolo trasferisce ai suoi delegati la propria sovranità fino a quando si tornerà a votare.
Non c’era dunque alcun bisogno della finzione finiana che il cordone ombelicale con il Pdl non potesse essere tagliato. Quella finzione è stata adottata affinché fosse evidente chi era stato il responsabile della secessione: un’evidenza però talmente plateale da non richiedere percorsi così tortuosi e sterilizzanti. Ma ora, dopo che è cominciato e continua ad andare avanti il massacro mediatico che i giornali berlusconiani infliggono a Fini con l’evidente supporto dei dossier dei Servizi segreti, si è delineata un’altra anomalia di segno opposto: i finiani, per difendere il loro leader dall’attacco di cui è vittima, sono partiti al contrattacco non solo ricordando fatti antichi e non sanate illegalità del Cavaliere, ma indicando temi recenti di gravissima portata e cioè: l’uso dei Servizi di sicurezza per distruggere gli avversari politici del premier, rapporti di comparaggio del presidente del Consiglio con il primo ministro russo Putin; analoghi rapporti di comparaggio di Berlusconi con il leader libico Gheddafi.
Se i finiani dispongono di prove o almeno di gravi indizi su queste presunte e gravissime illegalità, hanno a nostro avviso l’obbligo di esibirle informandone la competente Procura della Repubblica; non possono invece tenerle in serbo come potenziale deterrente. Chi ha sollevato una questione di legalità deve anzitutto difendere se stesso esibendo prove certe contro le accuse che gli sono state lanciate, ma non può a sua volta ritorcerle senza provarne la consistenza.
Qui risiede il coraggio e la forza della propria coscienza morale.