“REVOLUTION”.UN VIAGGIO CORAGGIOSO DI RESISTENZA

revolution-olivier-dubois-6139-copyright-tommy-pascalPazienza e resistenza, queste le parole d’ordine utili sia per gli spettatori che per le danzatrici dello spettacolo “Revolution” del coreografo francese Olivier Dubois, presentato mercoledì 8 agosto in prima nazionale al Teatro Rossini a chiusura del festival Civitanova Danza 2012.
Siamo così assuefatti a ritmi forsennati, a carrellate di immagini da videoclip, a danzatori che assomigliano più ad acrobati, ad effetti speciali, a musiche roboanti, a finzioni e costruzioni sceniche artefatte da musical, che assistere a uno spettacolo che per i primi trenta minuti prevede che le dodici danzatrici camminino con apparente semplicità, ruotando intorno a un palo, al ritmo di un inizio di bolero, mandato a loop, scandito solo da un tamburo, ammettiamolo provoca un subbuglio nello stomaco, una insofferenza, un’ansia, un’attesa e un disagio. Per qualcuno del pubblico l’impazienza ha vinto quasi subito, scatenando anche comportamenti di pura maleducazione o commenti decisamente inopportuni. Impazienza e delusione forse dovuti alla grande aspettativa per la compagnia francese annunciata dalla stampa locale con titoli troppo fuorvianti, concentrati e uniformati sulla Lap Dance.
Per rispetto degli altri spettatori e soprattutto per rispetto di chi su quel palco sta lavorando con una concentrazione altissima, l’unica possibile per affrontare quel viaggio di resistenza, magari è preferibile alzarsi e andarsene con garbo e silenziosamente, come alcuni hanno fatto, anzichésbraitare, alzando la voce e insultare chiunque.
L’indignazione è cosa sana, ma perché non farsi delle domande, porsi verso quel lavoro con curiosità, chiedersi dove vuole arrivare, che evoluzione prende e più di tutto perché non abbandonarsi a quell’ipnosi?
La pazienza e la resistenza pagano. I primi movimenti diversi dalla camminata sono stupore puro, come fossero appena scoperti e si comprende che la sensazione di bellezza la si coglie solo per l’estrema essenzialità precedente. La circolarità dei movimenti fa sembrare le danzatrici dei dervisci rotanti. La musica del Bolero di Ravel, che della ripetizione fa proprio la sua cifra, ma che nell’originale dura poco meno di 15 minuti, lentamente si fa più presente, con echi lontane della parte melodica. L’ossessione del ritmo coincide e diventa il battito del cuore. I corpi cominciano a rivelare un’energia che da soffocata si fa esplosiva. Un crescendo dilatato che travolge pubblico e danzatrici che dopo due ore, all’apice della musica che alla fine si rivela in tutta la sua pienezza, stremate nel silenzio si sospendono. Ognuna aggrappata dietro al proprio palo rifiata. Il silenzio lentamente le riporta alla realtà e noi con loro. Un viaggio coraggioso di resistenza ripagato da applausi liberatori, scroscianti e calorosi da parte del pubblico paziente.

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