RAPINATRICE UCCISA: ORAFO, INCAPRETTATO E NON RESPIRAVO. POI DICE “AVRO’ SEMPRE RIMORSO AVER UCCISO”

“Ero incaprettato, non respiravo, ero avvolto dal nastro adesivo. Mi hanno trascinato dietro e quando gli ho detto che dovevo a prirla io la cassaforte loro mi hanno slegato le mani. Nel frattempo è arrivato mio padre”. E’ ancora molto provato l’orafo di Monte Urrano Francesco Cifola che al Tgcom24 racconta le fasi della rapina in cui è rimasta uccisa la donna della banda, Rosa Donzelli, 36 anni, raggiunta da un colpo di pistola esploso dallo stesso gioielliere.  “Quando loro sono andati verso mio padre ho visto la pistola…Non ho capito più niente…”, ha aggiunto Cifola, che porta ancora i segni della tragica rapina: una vistosa
fasciatura al braccio destro, il collare e un cerotto sulla tempia. L’uomo, infatti, è stati  ripetutamente colpito dai  banditi con il calcio di una pistola che poi si è rivelata essere una scacciacani.   “Mi dispiace, perché comunque era una giovane vita. Avrò sempre il rimorso di aver ucciso”. Così Francesco Cifola.   “Non ha dormito tutta la notte – ha raccontato il padre Duilio – e ha le immagini della rapina ancora negli occhi”. Francesco Cifola, 51 anni, celibe, ha raccontato di aver fatto fuoco nel timore che facessero del male proprio a suo padre, arrivato davanti alla gioielleria dopo che era scattato l’allarme collegato alla sua abitazione. L’orafo aveva visto i banditi minacciare il padre con una pistola (poi rivelatasi una scacciacani) e temeva che avessero preso la sua, una pistola a tamburo che invece era rimasta nel cassetto e che Francesco è poi riuscito a prendere sparando diversi colpi (secondo alcune fonti, 6). Cifola è formalmente indagato per omicidio colposo, ipotesi di reato che verrà integrata – da quel che si apprende da fonti inquirenti – con la fattispecie dell’eccesso di legittima difesa.

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