RANIERI FELICI, UN FINE GIURISTA E PERSONA SPECIALE

Ci ha lasciato Ranieri Felici, una persona straordinaria, unica, con il quale ho avuto un rapporto intenso, settimanale, per tanti anni. Quando ero giovane sindaco di Monte San Giusto ebbi modo di conoscerlo in quell’eremo che per me era il suo studio a Cingoli dove ebbi la fortuna di entrare nelle sue simpatie e di essere uno dei pochi che poteva andare a casa sua dove conobbi la mamma, anziana gentilissima nobile, che era allettata e alla quale io leggevo dei romanzi a lieto fine. Una volta acquistai un romanzo drammatico e fu un grosso problema perché pianse e per giorni non dormi’ tranquilla. Lui al piano di sopra riceveva avvocati, amministratori, segretari comunali, dirigenti e cittadini. Era un confessionale, un porto di mare e poi quando finiva veniva di sotto e io ne approfittavo per fargli le domande che mi ero appuntato durante la settimana per capire meglio come muovermi e cosa fare con i tanti problemi che ha un amministratore soprattutto se giovane e a digiuno di leggi. Riri’ viveva in un mondo suo, diverso, all’ultimo piano di questo palazzo vicino alla piazza di Cingoli. Erano stanze piene di fascicoli, di libri, di rassegne, di polvere,
le pratiche stavano dappertutto in un disordine per le persone normali ma ben catalogate nella sua mente. Molti pomeriggi lo assistevo nel suo lavoro in un religioso silenzio, intervenendo solo quando me lo chiedeva. Ho assistito a telefonate di avvocati di grido non solo del foro di Macerata. Lui rispondeva al telefono e poi con la cornetta tenuta premuta sull’orecchio, andava su quelle scaffalature, saliva anche sulla sedia per trovare la sentenza che faceva al caso. Era impressionante vedere quella scena, un archivio nella sua memoria, che gli permetteva di trovare la sentenza che risultava decisiva per la difesa.
Riri’ faceva questo con il piacere di risolvere il problema in quelle stanze fredde (a Cingoli dove il freddo era pungente) e dove lui non accendeva i riscaldamenti e dove lavorava con una macchina da scrivere oppure stenografava con dei guanti di lana aperti sulle punte in modo da lasciare liberi i polpastrelli per poter battere sui tasti. Aveva moltissime penne stilografiche, gli venivano regalate ma che puntualmente non utilizzava. Aiutava tutti ed era una persona umile, educata e se lo conoscevi bene capivi che aveva non solo una profonda cultura giuridica ma era anche un fine intellettuale, un uomo con una grande sensibilità ambientale e un anticonformista a cui non interessava apparire una persona affascinante. Mi colpiva il fatto che lui anticipava i tempi e molte volte gli dicevo: “Riri’ ma tu questa cosa me l’avevi detta anni fa” e rimanevo impressionato di come a volte riuscisse a leggere il futuro. Se parlo di genio non sbaglio, cioè di un’intelligenza fuori dal comune. Con lui mi sono formato e mi è servito molto nei tanti anni in cui poi ho amministrato in regione, in provincia e in comune. Quando incontravo
degli avvocati che sostenevano tesi per me un po’ sballate dicevo contestandole che pur non essendo avvocato venivo dalla scuola di Felici. Devo dire che mi sono trovato sempre bene perché mi faveva ragionare in termini giuridici se una cosa si poteva o non si poteva fare. Divenne famoso quando da vicepretore eccepi’ quello che era un principio mai scalfito prima e cioè che la legge non ammette ignoranza sostenendo che alcune volte invece la si può ammettere quando la legge non è scritta dai legislatori in maniera chiara. Tesi questa ritenuta giusta dalla Corte Costituzionale. Ci aprirono tutti i telegiornali e tutti i quotidiani nazionali in prima pagina. Fu la notizia del giorno. Ricordo quando ricevette la telefonata per una intervista della Rai per il TG1, la rilascio’ telefonicamente ma non volle che la troupe televisiva andasse a casa sua, nel suo ufficio, e quando io un po’ deciso gli dissi che doveva farla, che era una cosa normale per l’importanza della sentenza e che era anche una gratificazione, la sua risposta fu che non doveva essere gratificato dalle immagini, dall’interesse giornalistico suscitato, ma dal risultato ottenuto perché avrebbe aiutato qualche semplice persona.
Ricordo anche la sua soddisfazione quando riuscì a fare annullare dalla Corte Suprema una sentenza passata in giudicato perché dimostrò che nelle carte della causa vi erano gli elementi che potevano essere decisivi per una assoluzione non evidenziati dalla difesa e perciò la sentenza era da ritenersi ingiusta. “Questa sentenza farà scuola” mi disse.
Si ritrovava spesso sulle posizioni dei radicali, sulle battaglie dei diritti civili, censore dei comportamenti negativi delle amministrazioni pubbliche. Amava poi i suoi gatti e amava camminare nella campagna cingolana.
Ci lascia un genio e come tutti i geni lascia un vuoto incolmabile ma rimane nel ricordo perenne di chi lo ha conosciuto e ammirato. Domani l’ultimo saluto nella sua Cingoli.
Riposa in pace Riri’.
Di Giulio Silenzi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *