QUEI DUE PERSONAGGI SENZA PIÙ AUTORE

222_giornalismo_scalfariABBIAMO tutti lamentato il silenzio assordante di Berlusconi in questi lunghi giorni di tempesta finanziaria e sociale, ma il Cavaliere si conosce  bene  e  sapeva  che  se avesse  parlato  avrebbe  creato altri e serissimi guai. Infatti così è  stato.  È  intervenuto  alla  Camera venerdì scorso nella seduta di approvazione della manovra economica ed ha letto una dichiarazione  di  poche  righe nella quale si compiaceva della tenuta della maggioranza e della capacità del governo di governare. Ma poi è sceso nell’emiciclo ed ha parlato con i suoi deputati e con i giornalisti nei corridoi di Montecitorio. Il succo delle sue dichiarazioni è stato questo: è falso che sia “commissariato”  da  Napolitano e da Tremonti; la manovra è stata imposta dall’emergenza e così com’è non gli piace affatto ma  la  colpa  è  dell’Europa;  c’è una congiura dei giudici comunisti contro di lui a cominciare dalla  Corte  d’Appello  civile  di Milano  che  vuole  rovinare  Fininvest  e  mettere  sulla  strada duemila lavoratori di Mediaset;
al  ministro  Romano,  presente in  aula,  ha  raccomandato  di non dimettersi in nessun caso; ai  deputati  del  Pdl  ha  raccomandato di difendere compattamente il loro collega Alfonso Papa  quando  tra  pochi  giorni l’aula di Montecitorio dovrà votare sul suo arresto chiesto dal Gip di Napoli. Infine ha ammonito  Bossi  perché  receda  dal
preannunciato voto della Lega in  favore  dell’arresto  di  Papa, che sarebbe «un fatto gravissimo  con  effetti  estremamente pericolosi». bito e i titoli dello Stato. Il Partito democratico, l’Idv e il Terzo Polo hanno accumulato un credito consistente rendendo possibile il “miracolo”. Ora hanno il diritto e il dovere di  mettere  questo  credito  all’incasso nell’interesse generale, ma è evidente che l’opposizione parlamentare da sola non basta. Per uscire dallo stallo è necessario un più vasto concorso di popolo e di istituzioni, ciascuna nell’ambito della propria  competenza.  La  classe  dirigente, le forze sociali, la società civile sono chiamate a dare un fondamentale contributo. Andare avanti così significa che il miracolo compiuto il14 luglio ha cessato di operare. Un  commentatore  molto  attento,
Fabrizio  Forquet,  ha  scritto  venerdì scorso su 24 Ore: «La manovra ha tenuto  in  carreggiata  la  macchina,  ora  è
tempo di darle benzina per tornare a macinare   terreno.   Anche   perché quando lunedì i mercati si riapriranno
la manovra-sprint sarà già passata. E ai desk dei traders si tornerà a guardare all’Italia in cerca di buone ragioni per
acquistare o per vendere titoli italiani». Sarà esattamente così.

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Ma Tremonti non è da meno quanto a improntitudine. Non parliamo dei suoi cinque anni di “finanza creativa” nella  legislatura  del  2001,  basati  sui condoni e sulle cartolarizzazioni senza coperture; parliamo di oggi, di questa manovra. Quando la presentò poco meno di due mesi fa era molto diversa e molto più mite di quella approvata il 14 luglio. Per lui bastava così e per la Commissione europea di Barroso anche. Poi ci fu il nerissimo venerdì e l’altrettanto  nero  lunedì  successivo  e  la manovra  fu  radicalmente  cambiata sotto  la  spinta  di  Napolitano  e  con  i suggerimenti di Mario Draghi. Da 40 miliardi fu aumentata a 48 ma per metterla ancor più in sicurezza, una clausola di salvaguardia ne prevede altri 20 eventualmente   riassorbibili   nella riforma fiscale. Siamo dunque ad un
totale di quasi 80 miliardi, un salasso di quelli  che  possono  ammazzare  un Paese se non saranno gestiti con altissima professionalità e con altrettanto solida  credibilità.  Osserviamo  che  il rapporto tra tagli di spesa e maggiori imposte raggiunge il 50 per cento. La vera macelleria sociale è questa perché si tratta di imposte regressive. Domanda:  è  credibile  un  ministro dell’Economia  costretto  a  rivoluzionare un’operazione perché non aveva previsto le reazioni negative dei mercati? Nella seduta del 14 luglio alla Camera Tremonti ha pubblicamente ringraziato l’opposizione la quale gli ha risposto che aveva reso possibile l’approvazione per senso di responsabilità
ma  senza  alcuna  corresponsabilità perché giudicava pessima la manovra approvata e si preparava a proporne
sostanziali modifiche. Ora Tremonti parla del Titanic e ricorda che in disastri come quello se la nave va a fondo muoiono tutti. Qualcuno ha interpretato quelle parole come un richiamo alla Germania e alla Francia, altri come un richiamo ai ceti abbienti del nostro Paese, i quali tuttavia escono abbastanza immuni dalla macelleria sociale denunciata dall’opposizione. Ma c’è anche un’altra considerazione da fare: se la nave affonda muore anche il comandante che l’ha guidata a cozzare con l’iceberg, ma se la nave miracolosamente si salva, il comandante   finisce   comunque   sotto processo e viene radiato dalla Marina. A  rigor  di  logica  debbono  dunque andarsene sia Berlusconi sia Tremonti. Le loro responsabilità sono molto diverse ma della stessa gravità. La loro presenza  è  destabilizzante,  debbono dunque esser sostituiti con rapidità da persone  credibili  e  competenti  delle quali c’è per fortuna ampia scelta e disponibilità. Nel frattempo il ministro dell’Economia è tenuto a spiegare come sia stato possibile che le nomine nei consigli d’amministrazione di società controllate direttamente o indirettamente dal
Tesoro siano state affidate a quel Milanese che non aveva altro titolo fuorché quello di essere un consulente del ministero, scavalcando il direttore generale Vittorio Grilli, che peraltro si è fatto  tranquillamente  scavalcare  senza
opporre alcuna resistenza. Tremonti  sapeva  che  Milanese  e non Grilli gestiva le nomine? Se lo sapeva la sua responsabilità politica è enorme, se non lo sapeva la sua credibilità politica è sotto zero.

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Va di moda da qualche giorno addossare la crisi dei mercati all’inconsistenza dell’Europa e la prova sta nel fatto che la speculazione attacca con assalti ricorrenti tutte le piazze europee e non soltanto quelle più deboli e disastrate. Luigi Spaventa ha sostenuto questa tesi su Repubblica di ieri con dovizia di argomenti. Non è il solo, l’inconsistenza di un’efficace “governance” dell’Eurozona è evidente a tutti e ne sono altrettanto evidenti gli effetti negativi. Va detto tuttavia che non tutte le istituzioni europee sono state assenti dalla gestione della crisi. Non è stata assente per esempio la più autonoma e la più europea di quelle istituzioni e cioè la Banca centrale che è nei mesi scorsi più  volte  intervenuta  acquistando  o accettando in garanzia titoli dei paesi più disastrati a cominciare dalla Grecia, dall’Irlanda, dal Portogallo. Al bisogno ha acquistato anche titoli spagnoli e austriaci. Lunedì scorso, quando la turbolenza ha investito in pieno per il secondo giorno consecutivo il mercato italiano,  la Bce ha massicciamente acquistato titoli  italiani  attingendo  dalla  massa monetaria   appositamente   accantonata per operazioni sul mercato aperto. Di questa massa monetaria fa parte anche il Fondo di stabilità per la sicurezza dell’euro; ammonta a mezzo miliardo e potrebbe – dovrebbe – essere incrementato fino a quattromila miliardi. Si tratta d’un deterrente imponente che la Bce può usare per controbattere la speculazione, purché i paesi con più elevati debiti sovrani procedano alla loro graduale riduzione azzerando i disavanzi di bilancio e recuperando saldi attivi nelle partite correnti. In Italia in questi ultimi tre anni il debito non ha fatto che crescere e il fabbisogno per finanziarlo ad aumentare e così continuerà fino al 2013. Solo in quell’anno avrà infatti inizio la riduzione netta del disavanzo di bilancio. Questa è un’altra delle manchevolezze della manovra che è ancora troppo spostata in avanti. Occorre dare inizio  all’aggiustamento  già  da  questo esercizio e dal successivo se si vuole veramente recuperare la fiducia dei mercati. Infine bisogna pensare da subito alla crescita e alle riforme di liberalizzazione. Farsi dettar legge dai notai e dagli  avvocati  circa  la  liberalizzazione degli ordini professionali è una prova di impotenza; spostare alla prossima
legislatura tutti gli interventi che riducono  il  costo  della  politica  segnala un’altra   impotenza.   Questi   segnali
non aiutano a recuperare la perduta credibilità e la smarrita fiducia. Ancor meno aiuta l’aria di irrespirabile corruzione all’interno della Guardia  di  Finanza.  Non  è  un  fenomeno nuovo, dura a dir poco da trent’anni. Ma  ora  la  sensibilità  della  pubblica opinione  è  finalmente  aumentata  e quel fenomeno non è più oltre sostenibile. Spetta anche in questo caso al ministro dell’Economia dal quale dipende  quel  corpo  dello  Stato  fornire  un quadro esaustivo della situazione, delle responsabilità, degli eventuali peccati di omissione suoi e dei suoi collaboratori e proporre efficienti terapie. Come si vede non siamo affatto fuori dai rischi che tuttora ci sovrastano. La sola vera buona notizia riguarda il nostro sistema bancario: nessuno dei nostri maggiori istituti di credito ha avuto giudizi negativi nei test europei sul patrimonio   delle   banche.   Bisogna quindi evitare di penalizzarle sia con provvedimenti fiscali sia mobilitandole per l’assorbimento dei titoli alle aste del Tesoro. Le banche debbono destinare le loro risorse al finanziamento degli investimenti. Altri compiti sono impropri e debbono essere evitati.
Post Scriptum. È stato approvato alla Camera  un  obbrobrioso  testamento biologico. Probabilmente contiene disposizioni anticostituzionali. Ma indipendentemente  dai  rilievi  eventuali del Capo dello Stato al momento della
firma e dagli accertamenti di costituzionalità della Corte, questo è uno dei casi in cui la società civile e le forze politiche sensibili ai temi di libertà debbono mobilitarsi e lanciare il referendum abrogativo. Subito, prima ancora
che il Senato completi l’iter parlamentare della legge. La libera stampa parteciperà a questa mobilitazione. Noi di
Repubblica certamente ci saremo.

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