FAZIO, “PERCHE’ NON VOGLIONO FARMI LAVORARE”

fazio“Sono sei mesi che aspetto una decisione. Se non sarà possibile fare il programma in Rai lo farò in un’altra televisione”

CARO Direttore, da oltre sei mesi ho dato la mia entusiastica adesione al direttore di Rai Tre Paolo Ruffini che mi aveva proposto di proseguire “Che tempo che fa” per i prossimi tre anni così come di ritrovarmi sin da gennaio con Roberto Saviano per una nuova edizione di “Vieni via con me”. Da oltre sei mesi aspetto una decisione della Rai. Che cosa ha impedito o impedisce al precedente e all’attuale Direttore generale di rinnovare i contratti in scadenza di alcuni fra i protagonisti della tv pubblica?

Nel mio caso, lo dico per sgombrare il campo da eventuali dubbi, l’accordo economico è stato immediatamente trovato, ma quello su cui accordo non può esserci è la rinuncia alle garanzie minime e indispensabili per continuare a svolgere il mio mestiere nello stesso identico modo in cui si è svolto sino ad oggi.
Ho chiesto di poter continuare ad andare in onda con “Che tempo che fa” sulla stessa rete, nello stesso orario e per la stessa durata, di poter continuare a gestire gli ospiti con l’autonomia che si deve riconoscere a un qualunque gruppo di professionisti della televisione, di poter continuare ad avvalermi della presenza di Gramellini, dell’appuntamento irrinunciabile con Luciana Littizzetto e naturalmente di Roberto Saviano. Queste garanzie non sono mai arrivate nonostante le mille rassicurazioni ricevute che promettevano il contrario. “… Domani; fra due ore; fra due giorni; a fine settimana; all’inizio della prossima…” e via dicendo. In queste ultime settimane invece mi sono arrivati solo inquietanti frammenti di intenzione che di certo non hanno contribuito a rasserenare il clima. Per non parlare delle notizie su di me, sul programma e su quelli che ne fanno parte, uscite sui giornali e mai smentite. “… Pare che il programma debba cambiare rete o essere ridotto nell’orario; pare che Luciana sia considerata eccessiva; sembra più opportuno rimandare l’ipotesi di una nuova edizione di Vieni via con me e cose del genere…”. E per finire tutti hanno potuto leggere definizioni di Rai Tre e di chi ci lavora che giudico offensive e inaccettabili soprattutto se pronunciate da chi ha importanti responsabilità all’interno della Rai. “Il fortino, l’enclave di comunisti, la riserva indiana”. Viene da chiedersi come tutto ciò sia possibile, perché accade e soprattutto a chi giova. Un pregiudizio massimalista che potrebbe in ugual modo valere per Rai Uno o Rai Due. Sento tutto ciò come una profonda ingiustizia che fa torto al lavoro di tanti anni e alla professionalità mia e dei miei colleghi della Rai.

Per questo ho scritto l’altra sera d’impeto e di getto una lettera al Direttore generale della Rai, Dott. ssa Lei, dalla quale non ho purtroppo ricevuto risposta. Il senso era quello di capire il perché, quale era e quale è il problema. Stanno per essere discussi proprio oggi i palinsesti dei primi tre mesi dell’autunno in cui compaiono programmi per i protagonisti dei quali non sono stati rinnovati i contratti. E se anche i palinsesti venissero approvati fra sei mesi ci si troverebbe nella stessa situazione? E così successivamente ogni tre mesi? Oppure dopo l’approvazione dei palinsesti ci si deve aspettare che siano proprio i contratti a non essere approvati? O magari quelli dei propri collaboratori?

Ma che senso ha? Come si può lavorare in questa maniera, immaginare nuovi programmi, costruire novità, sperimentare e magari sbagliare anche? In una parola fare televisione. Quale è la colpa che ci viene imputata? Ho letto che Milena Gabanelli nemmeno è stata ancora ricevuta, che a Floris è stato consigliato di dedicarsi a qualcosa di nuovo. Santoro è stato lasciato andare via con un evidente e inaudito respiro di sollievo e a me non vengono date nemmeno le minime garanzie per continuare a lavorare in pace. “Che tempo che fa” quest’anno ha avuto addirittura un incremento di ascolto e “Vieni via con me” è stato giudicato l’evento televisivo più inaspettato della stagione. Portare in tv, alla televisione pubblica Roberto Saviano è stato per me un motivo di vanto e di orgoglio. Quindi, ripeto, quale è il problema?

Nella lettera che ho indirizzato al Direttore Generale, riconoscevo senza alcuna difficoltà all’Editore il diritto e il dovere di fare liberamente le proprie scelte ma chiedevo e torno a chiedere un atteggiamento leale. In tutti questi anni ho imparato che non si può fare tv contro la volontà del proprio Editore e se mai ce ne fosse stato bisogno l’esperienza di “Vieni via con me” ha provveduto a ricordarmelo. L’indifferenza e l’ostilità da parte dell’Azienda è stata evidente sin dal primo momento e solo la professionalità di un collaudato gruppo di lavoro e la tenacia di Rai Tre ci ha consentito di andare in onda e con quel risultato. Per questo ho deciso di non correre più un simile rischio professionale e per questo ho deciso che non sono più disponibile a ripetere l’esperienza di “Vieni via con me” in questa Rai. Se altrove troverò le condizioni necessarie, l’entusiasmo e la condivisione del progetto, il Pubblico potrà ritrovare presto me e Saviano di nuovo insieme.

Ho anche scritto al Direttore generale che se lo avesse ritenuto utile, ero disponibile a rinunciare ai tre anni di contratto e ai benefici conseguenti per far sì che lei stessa potesse sin da subito sottoscrivere un contratto per un solo anno poiché questo sarebbe rientrato e rientrerebbe nella Sua disponibilità e nella sua assoluta discrezionalità. Non abbiamo più molto tempo. “Che tempo che fa” dovrebbe andare in onda fra tre mesi. Il mio gruppo di lavoro è stato sciolto, le figure professionali fondamentali per continuare il programma potrebbero presto trovare alternative lavorative e ovviamente il discorso vale ancor di più per le risorse artistiche. Ma voglio ancora poter credere che ce la si possa fare e che il Pubblico di Rai Tre ci ritrovi puntuali in onda all’inizio dell’autunno.

Lavoro in Rai da ventotto anni: lo dico con emozione sincera. Alla Rai devo moltissimo. È il maggiore Editore italiano, mi ha insegnato che la Televisione di tutti è una tivù che aggiunge e che non sottrae; che la pluralità delle opinioni è data dall’insieme dei programmi di tutta la televisione e che chiedere ad ogni programma di contenere tutto e il suo contrario significherebbe ridurlo a zero. Al nulla. Ho imparato soprattutto che bisogna rispettare il Pubblico mostrandosi sinceri ed è per questo che ho deciso di rivolgere al Pubblico di “Che tempo che fa” queste parole attraverso Repubblica. Ho aspettato da una parte che il mio impegno televisivo terminasse per non approfittare del mio ruolo e dall’altra ho sperato che questa situazione così incomprensibile e desolante potesse trovare una soluzione positiva.

Non so come andrà a finire. Desidero concludere esattamente con le parole con cui ho salutato la Dott. ssa Lei nella mia lettera per ribadire che conservo nei confronti della Rai, della mia Rai e delle persone con cui ho lavorato in tutti questi anni un senso di gratitudine profonda e sincera e in molti casi di autentica amicizia.

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