PER FORTUNA CHE C’E’ PRANDELLI

claudio_favaLo spirito del Natale non abita certo nel comitato d’affari Balducci, Anemone e company che salassava lo Stato, né nella cupidigia di chi compra la barca e dichiara solo 20mila euro l’anno

Lo spirito del Natale non abita certo dentro la manovra del governo Monti che regala agli italiani un decreto da 18 miliardi di euro decidendo di racimolare il 90% della somma con nuove tasse (casa, benzina, Iva…). E non abita nemmeno nei dati che ci fornisce l’inchiesta della magistratura sul comitato d’affari Balducci, Anemone & c.,
la cricca che salassava denari pubblici allo Stato attraverso appalti rivalutati fino al 40-50% dell’importo iniziale.
Sulle trentatré grandi opere della Protezione Civile che sono al centro dell’indagine (dal G8 alla Maddalena ai mondiali romani di nuoto, ai festeggiamenti per i 150 anni dall’unità d’Italia) è stato calcolato un saldo negativo per lo Stato di oltre 250 milioni di euro: il maggior costo sostenuto su quei progetti per varianti in corso d’opera, perizie suppletive e altre furbate dei costruttori (calcolava ieri Carlo Bonini che con quei soldi si sarebbe potuto mettere in sicurezza l’intero patrimonio archeologico di Pompei, invece di attendere il prossimo crollo e di prendersela poi col destino cinico e baro). Lo spirito del Natale non abita nei conti in rosso che lo Stato colleziona per colpa dell’evasione fiscale e della corruzione, dai 150 ai200 miliardi di euro: ci starebbero dentro, comode, una decina di manovre finanziarie. L’Italia è tra i pochi Paesi in Europa a non essersi voluta dotare di un’authority realmente autonoma che sia capace di coordinare e vigilare sulle politiche anticorruzione e antiriciclaggio.
Forse, fra tutte le caste che rallegrano l’Italia, quella degli evasori fiscali (trasversale, invisibile, tenace) è la più diffusa e impunita. E non basterà la tracciabilità dei pagamenti al di sopra dei 1000 euro per portarla allo scoperto. Lo spirito del Natale non alberga nella cupidigia di chi s’è fatto la barca, tirando fuori almeno centomila
euro mentre al fisco dichiara meno di ventimila euro l’anno, poco più di una pensione da metalmeccanico. Sono 42 mila: poveri, poverissimi con lo yacht ormeggiato a Portofi-no. Non solo: ci sono 188.171 auto di lusso al di sopra dei 185 kw intestati a persone che stanno al di sotto dei 20mila euro, e 518 contribuentiche si sono  comprati l’aereo privato ma dichiarano al fisco redditi da fame. Un po’ ladri, un po’ tirchi, un po’ furbi. Come Ebenezer Scrooge, il protagonista del «Canto di Natale» di Dickens: solo che lui alla fine un po’ si redime; i nostri finti poveri, mai. Lo spirito del Natale, pensa un po’, sta invece nel gesto dell’allenatore della nazionale di calcio Cesare Prandelli. Che ha deciso di convocare a Coverciano per la prossima amichevole dell’Italia e di fare allenare con gli azzurri per un paio di giorni Simone Farina, lo sconosciuto centrocampista del Gubbio che s’è fatto (ri)conoscere per aver denunziato alle autorità federali un ex compagno di squadra che cercava di  corromperlo  (proponendogli, dettaglio importante, il doppio di quello che Farina guadagna in un anno in serie C). Farina ha fatto quello che dovrebbe fare qualsiasi cittadino italiano di fronte a un evasore fiscale, a un corruttore, a un furbo che ti propone di fare a mezzo del ricavo della sua furbata. E adesso, quando il capitano dell’Atalanta Doni prova a giustificarsi dicendo che lui vendeva le partite perché così fanno tutti, grazie a questo ragazzino umbro  possiamo  rispondergli  che non è vero, non tutti si vendono le partite. E chi ruba, inganna, estorce, froda o mente lo fa perché ha deciso di farlo e perché è un imbroglione. Punto. Prandelli, a cui tocca far da chioccia a un gruppo di ragazzi ricchi e viziati, ha dato una lezione al mondo del calcio e al paese. Come aveva già fatto qualche mese fa, quando aveva organizzato un allenamento degli azzurri sul campo di Rizziconi, in Calabria, su un terreno di gioco da qualche  anno  confiscato  alla ‘ndrangheta. Gliel’aveva chiesto un altro che di gesti forti e simbolici se ne intende, Luigi Ciotti. E Prandelli non s’è fatto pregare portando la squadra a giocare tra le balze dell’Aspromonte, dimostrando che i calciatori della nazionale non sono solo ventidue milionari che corrono dietro ad un pallone
ma ragazzi di questo tempo e di questo paese, capaci anch’essi di una scelta di concreta militanza contro le mafie. Buon Natale a lui.

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