Pur essendo genitori biologici non sempre riusciamo ad essere genitori accoglienti. A volte le nostre storie di adulti possono essere state particolarmente accidentate tanto che, non riuscendo neppure a salvaguardare le nostre vite, non riusciamo a farci carico di quelle dei nostri figli: non curandoli, maltrattandoli, abusandone.
Dunque pur avendo ogni figlio il diritto a vivere e crescere nella propria famiglia a volte si rende necessario allontanarlo da essa, teoricamente per non più di 24 mesi, per poi farvi ritorno una volta che i genitori hanno affrontato le loro difficoltà e sono divenuti, finalmente, capaci di “vederlo” rispettandone così le sue necessità. Cambiamenti genitoriali che, dobbiamo dirlo con tutta onestà, non sono affatto scontati. Ma il gioco vale sicuramente la candela: dobbiamo prenderci questo rischio per provare a fare il bene del bambino.
Un tempo l’uscita dei minori dalla propria famiglia significava quasi sempre farli entrare in un istituto (che in Italia sono stati chiusi nel 2006), oggi invece è sempre più possibile trovare un’altra famiglia, ma anche una coppia, una persona singola, una comunità familiare. Per il minore l’affido costituisce davvero una possibilità insperata di poter avere una immagine più congrua di se stesso, costituisce la possibilità di mettere mano ai propri problemi grazie al supporto educativo, affettivo, relazionale di “nuovi genitori a tempo”. E’ evidente che i suoi genitori naturali rimangono tali, ma il minore ha la possibilità di appoggiarsi su cure parentali “vicarianti” che gli permettono di giovarsi di una doppia appartenenza, di avere a disposizioni non una bensì due famiglie.
Mi pare una fortuna immensa che in un momento in cui la famiglia occidentale mostra una crisi profonda – i dati statistici lo mostrano senza ombra di smentita – ci siano, al contrario, nuclei familiari che mostrando una grande solidità, decidono di accogliere nella propria casa un minore in difficoltà e di conseguenza, anche se indirettamente, anche la sua famiglia.
Si tratta di un miracolo sociale che ci rivela la presenza nella comunità di adulti capaci di attenzioni verso le difficoltà del prossimo e di spendersi mettendogli a disposizione, anche per anni, la propria vita e quella dei familiari.
Si tratta di un gesto di cui non possiamo non cogliere la portata civile e morale, un gesto, dunque, che dovremmo prendere ad esempio.
Tuttavia la testimonianza offertaci da questo gesto non concerne soltanto l’emergenza di un amore disinteressato verso l’altro. In effetti ci mostra che, senza averlo cercato, né chiesto, si riceve, inaspettatamente, a propria volta in dono un arricchimento umano che non si sarebbe mai raggiunto se non si fosse optato per questa scelta verso l’altro.