IL FUTURO NON E’ PIÙ QUELLO DI UNA VOLTA, MARC AUGE’ INCONTRA I GIOVANI

image9In un teatro Annibal Caro pieno e con veramente tanti ragazzi, osservo da un palco mio figlio e i suoi amici che hanno deciso di venire ad ascoltare “l’antropologo del quotidiano” che argomenta alle domande del pubblico su che fine stia facendo il futuro. Laura, ansiosa studentessa di lettere, lo interroga se “si debba scegliere un corso di studi sulla base della passione o sulla logica delle reali possibilità di trovare lavoro”. Lorenzo, in parte riferendosi alla serata di mercoledì dove De Kerchove rifletteva su pericoli e opportunita’ della rete, domandava se l’importanza dei social, dove si vive in un “eterno presente”, non sia diventata così rilevante proprio perche’ il passato non da più riferimento di valori e il futuro non viene più percepito come reale possibilita’ di realizzarsi.
Pacato e profondo Augè intesse un dialogo con il pubblico dove si riflette sul valore della scuola come detonatore per sprigionare energie, che non può essere considerata come un semplice precursore di un’agenzia di collocamento. Sostiene anche che la possibilita’ che si da’ ad un giovane di scegliere il proprio futuro in base alle proprie inclinazioni fa parte di inalienabili “diritti umani”. La scuola, come hanno sempre sostenuti i bravi insegnanti, secondo Augè funziona quando intesse relazioni e guida il ragazzo anche nella scoperta del se’, non solo come luogo dove si elargiscono nozioni.
Parla del paradosso di un pianeta spaccato dove una parte dell’umanita’ va veloce ed è padrona del sapere e un’altra parte dove l’analfabetismo, l’assenza di cultura relega l’umanità ai margini. Ciò accade, non solo, in parti diverse del mondo, ma anche all’interno di societa’ cosiddette avanzate, dove i sistemi scolastici ripropongono la sperequazione sociale.
Dal palchetto, mentre il dialogo prosegue, osservo i ragazzi: quelli dei licei prendono appunti, quelli delle scuole tecniche ascoltano con una certa perplessità nello sguardo; Augè ha perfettamente ragione, rifletto, ho di fronte una conferma plastica di un diverso modo di formare degli studenti e non penso che un “tecnico” possa essere migliore se non conosce certi aspetti della conoscenza e della cultura. Si continua sui temi della tecnologia che “va veloce”, e che va saputa gestire per non generare confusione. Ci si sofferma sulla “società dell’immagine” dove la percezione dell’esistere si lega proprio al “comparire in un’immagine”, il mezzo tecnologico viene confuso troppo spesso con un fine.
Molto altro si dipana nel pomeriggio di conversazione: le citta’ con le periferie vitali e i centri che si spengono, le case da luogo del “focolare” a spazio che sempre più spesso è proiettato all’esterno e tanto altro. Alla fine in molti hanno ancora domande e si percepisce la frustrazione dei tempi regolamentati. Dunque non è vero che i ragazzi sono disinteressati, è tutta una questione di “relazione” e Futura, con questo festival, sta intessendo le relazioni giuste con i giovani .

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