Il presidente della Camera Fini si appella al ministro dell’Interno Cancellieri perché riveda le regola della scorta che lo protegge. Fini lo fa con una lettera a
Repubblica dove il 15 agosto SOSTITUISCE il fango all’inchiostro (parole di Merlo) per bastonare l’avversario politico e compiacere il padrone. Non è il primo e non sarà di certo l’ultimo giornalista a trasformare in modo volgare e patetico il giornalismo d’inchiesta da indispensabile presupposto della libertà di stampa a grottesca caricatura della più ottusa faziosità. Ne risponderà, come tante altre volte, in tribunale. Ma non è questo l’aspetto che più mi fa riflettere e mi preme sottolineare. È il silenzio distratto del mondo politico istituzionale, con le sole eccezioni del Presidente Schifani e dell’onorevole Casini. Intendiamoci bene. Non chiedo nessuna solidarietà. Non ne ho alcun bisogno perché è certo e incontestabile che nella organizzazione del servizio di scorta alla mia persona non ho avuto alcun ruolo dipendendo tutto esclusivamente dagli uffici del Viminale. È una verità, una regola, che vale per il presidente della Camera come per i tanti esponenti istituzionali e politici per cui si ritiene necessario predisporre, e non è certo l’interessato a farlo, misure più o meno rigide di scorta e di sicurezza. Non credo che gli onorevoli Alfano, Bersani, Di Pietro, Maroni — solo per citare i segretari di partito — si siano compiaciuti leggendo le falsità di Libero sul mio conto. Però mi chiedo: possibile che non abbiano pensato che quando si scrivono falsità così volgari per mettere qualcuno alla berlina quale “satrapo della casta e sperperatore di pubblico denaro” si alimenta un sentimento giacobino di delegittimazione di tutta la politica?
Oggi è toccato a me, domani potrebbe toccare a loro perché anch’essi hanno la scorta, più o meno numerosa. Perché anch’essi rappresentano il Palazzo, con il potere e i privilegi, veri o presunti, propri dello status di ottimati della Repubblica…
Ha scritto Merlo: “Fini non può non accorgersi di essere protagonista di un privilegio (legale). Così degradata, infatti, quella scorta non lo protegge ma lo omaggia. Ed è così che in Italia ogni scorta diventa la corte del potente di turno, non più luogo e mezzo militare per ‘scorgere’ il pericolo ma ornamento e abbellimento di ‘cortesia’”.
Non sono d’accordo. Gli uomini e le donne impegnati ogni giorno nei servizi di scorta non omaggiano proprio nessuno. Fanno il loro dovere con professionalità e sacrificio, non certo perché ben pagati, anzi… Personalmente li considero dei collaboratori preziosi da rispettare, non certo dei famigliari.
Non è comunque questo il punto, bensì che è tutto il sistema che va rivisto per limitare costi e sprechi, per impedire abusi, per snellire e razionalizzare i servizi di scorta. Con una certa sorpresa, perché colpevolmente non me ne ero accorto in precedenza, ho letto che il ministro Cancellieri ha confidato a Merlo di voler cogliere l’occasione per “rilanciare la battaglia che da tempo vuol condurre a testa alta sull’uso e l’abuso delle scorte”. Molto bene, lo faccia subito e non solo a parole. Non dubito né della sua volontà né delle sue capacità. Dubito che possa riuscirvi se non avrà il sostegno convinto delle burocrazie ministeriali e soprattutto se il mondo politico non saprà trarre da questa vicenda agostana l’occasione per uno scatto di reni, per dimostrare concretamente di non essere una casta.
Ha scritto ancora Merlo: “Fini potrebbe dare il suo piccolo grande contributo rimodulando le proprie vacanze in modo più controllabile, più civile, più gestibile. Spetta a lui rientrare nel principio di uguaglianza e sottrarsi, senza ovviamente compromettere la sicurezza, a un regolamento che rischia di trasformare il suo diritto alle vacanze in un privilegio costoso per lo Stato…”.
Anche se non credo che raggiungere quando posso la famiglia ad Ansedonia (non a Miami) renda necessario rimodulare le mie vacanze in modo più controllabile, più civile, più gestibile…sono comunque d’accordo con Merlo. Specie quando sostiene che spetta a me rientrare nel principio di uguaglianza e sottrarmi al regolamento del ministero degli Interni. Per poterlo fare chiedo pubblicamente al ministro Cancellieri di intervenire subito, nelle modalità che riterrà più opportune, per consentirmi di non godere più di un “privilegio legale”. E chiedo ai tanti esponenti politici scortati di far sentire anche la loro voce e di agire. Non contro Belpietro (che ovviamente ha la scorta) ma contro quel muro di gomma e di ipocrisie che fa sì che in Italia cambiare le cose sia impossibile, a tal punto che perfino per vivere senza essere scortati pur non avendolo mai chiesto, occorre un trattamento di favore, una vera e propria raccomandazione! Può apparire una piccola questione ma, a ben vedere, non lo è, perché dietro all’estetica della scorta c’è la credibilità della nostra democrazia e la sua capacità di migliorarsi.