FACEBOOK TI AMO E POI TI ODIO

home_facebookSu unlike-us, una lista che si occupa di critica della cultura digitale a cui sono iscritta, qualche giorno fa è rimbalzata la notizia che Facebook e gli altri social network, con l’eccezione di Wikipedia, ottengono una scarsa soddisfazione daparte dei loroutenti. L’indicatore American Customer Satisfaction Index (Acsi) misura annualmente la valutazione che i consumatori danno di prodotti e servizi disponibili negli Stati Uniti. Il risultato dei social network di quest’anno, pubblicato a luglio, è analogo all’anno precedente e pone l’industria ai minimi livelli: Facebook ha ottenuto il 66% di soddisfazione, meglio di 2 punti rispetto all’anno scorso, ma sempre un valore in assoluto scadente. L’insoddisfazione e insieme il successo di Facebook devono farci pensare, visto che i dati sembrano molto contraddittori. Dal 2004 ad oggi ha raggiunto circa un miliardo di utenti, con un tasso di crescita unico, anche a paragone di altre attività in rete. Sembrerebbe che gli utenti americani siano terribilmente paradossali a usarlo inmassa, pur dichiarandosi scontenti. La spiegazione del successo misto all’insoddisfazione potrebbe essere dovuta alla sua grande diffusione, che potrebbe, a sua volta, essere il risultato proprio di essere arrivato al momento giusto nel mercato: tardi, ma prima che si fosse già costituita una posizione dominante. Secondo alcuni studi di teoria delle reti, resi famosi dal fisico Alber László Barabási nel suo testo Link (Einaudi, 2004), le connessioni tra nodi in un contesto dinamico non si costruiscono seguendo percorsi casuali; la loro successione segue invecemeccanismi di scelta basati sull’idea del collegamento preferenziale, una sorta di naturale privilegio dei nodi più connessi agli altri. Si crea così il fenomeno dei ricchi che diventano sempre più ricchi. Inoltre funzionerebbe un ulteriore dispositivo basato sulla fitness o adeguatezza che premierebbe i nodi più capaci nell’ambito della competizione, se ancora ne esiste una. Tale premio, però, è difficilmente reversibile edsuperiore alle reali capacità del nodo di essere davvero ilmigliore. Funziona, cioè, l’effetto «chi vince prende tutto». Quindi una volta stabilito lo standard, esso tende a prevalere sui meccanismi di innovazione. Se utilizziamo quest’analisi per spiegare il successo di Facebook potremmo osservare che pur essendo arrivato tardi sul mercato ha potuto sfruttare tale ritardo per creare delle strategie migliorative del servizio. Una volta ingranato quando il mercato era pronto, ha prodotto l’effetto valanga provocato dalla sua iniziale competitività. Raggiunta la posizionedominante è,però,piùdifficile costruire una reale competizione. Ora vedremo se Google+, il servizio di social networking, da poco lanciato dal gigante dei motori di ricerca, riuscirà nel suo obiettivo di sradicare la supremazia Facebook. Questa teoria avrebbe tra le sue conseguenze anche il fatto che in rete sarebbe più semplice costituire una situazione di egemonia e un semimonopolio di quanto non sia fuori dalla rete. Ciò permetterebbe di spiegareperché sia cosìdifficile liberarsi di Facebook, sebbene gli utenti siano insoddisfatti del servizio, comemostranogli indicatori. Se tutti gli amici sono lì, come fare ad andarsene altrove? La lista dei possibili motivi di malcontento verso il servizio sarebbe ampia, cito solo il caso di John Battelle, uno dei maggiori esperti di rete, co-fondatore del giornale Wired ed esperto di motori di ricerca, che racconta in un post del suo Searchblog come il suo nome sia stato usato come testimonial in una pubblicità dell’azienda AppSumo. Era un’azione illegale,per laquale Facebook si è scusata con lui,ma intanto il sistema lo ha permesso. La disponibilità così ampia di dati personali presenta vari rischi: dall’esser spiato, all’essere oggetto di pubblicitàmirata, fino all’esser scoperto dalla fidanzata o scartato in una selezione di lavoro. Ma a quanto pare tutto ciò non basta a cancellare il bisogno di controllo sociale e di «villaggio» degli esseri umani. Più della pauradi essere tracciatiousati vale il bisogno di essere guardati, forse di essere compresi, e in fin dei conti di esistere, almeno per gli amici su Facebook.

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