Dopo qualche mese di attesa è stata depositata dalla quinta sezione del Consiglio di Stato la sentenza, completa di motivazioni, con la quale lo scorso 4 giugno scorso erano state annullate le operazioni elettorali del 2009 per il rinnovo dell’Amministrazione provinciale di Macerata. Il Consiglio di Stato, ha ritenuto fondato e quindi accoglibile il ricorso delle lista LAM esclusa dalla elezioni del 6 e 7 giugno dello scorso anno. Alla base dell’esclusione, decisa dall’Ufficio elettorale centrale presso il Tribunale di Macerata il 9 maggio 2009, il riscontro di irregolarità ritenute “non sanabili” nelle firme di sottoscrizione della lista stessa. In particolare la data apposta accanto ad alcune sottoscrizioni faceva riferimento al 2008 anziché 2009. Una decisione questa per la quale la Lam l’11 maggio 2009 presentò istanza di riesame allo stesso ufficio elettorale centrale, evidenziando che si trattava di un errore materiale di impostazione del datario. L’ Ufficio Elettorale Centrale però confermò l’esclusione. A questo punto, i legali delle LAM presentarono ricorso al Tar delle Marche, ma i giudici di Ancona il 29 maggio, lo rigettarono ritenendolo “inammissibile”. Immediato l’ appello al Consiglio di Stato che però lo respinse confermando il giudizio di inammissibilità del ricorso dato dal Tar. Ad elezioni avvenute, esattamente il 9 luglio 2009, la LAM presentò ricorso al Tar delle Marche contro la proclamazione di tutti gli eletti.
Anche in questo caso, con la sentenza n. 104 del 24 febbraio corso il ricorso venne respinto e confermata la piena legittimità dei provvedimenti di ricusazione della lista da parte dell’Ufficio elettorale centrale. A distanza di un anno, il 4 giugno di quest’anno il Consiglio di Stato si è espresso diversamente, ritenendo che avrebbero dovuto trovare accoglimento le argomentazioni difensive addotte dalla LAM in sede di istanza di riesame. Nelle motivazioni si legge: “la principale argomentazione giuridica con la quale il T.A.R. Marche ha giustificato il rigetto del ricorso di primo grado è correlata alla rigorosa interpretazione dell’art.28, 4^comma del T.U. del 1960. La norma, laddove impone adempimenti formali (fra i quali l’autentica della firma dei sottoscrittori della lista), è preclusiva di qualsiasi interpretazione diversa da quella rettamente letterale; ciò, in quanto,nel procedimento elettorale,la forma degli atti si identifica con la sostanza. Sicchè agli uffici elettorali sarebbe comunque preclusa qualsiasi iniziativa mirata a valorizzare le peculiarità di taluni casi concreti e quindi a consentire la praticabilità di soluzioni alternative di correzione di errori, anche soltanto materiali. In particolare, con riguardo al caso di specie, la stessa norma impedisce di accordare qualsiasi rilevanza giuridica non solo alla palese ed oggettiva riconoscibilità di un tale errore, ma anche alle documentate e convergenti circostanze rappresentate agli uffici elettorali in sede di istanza di riesame del provvedimento di ricusazione della lista presentata in forma solo apparentemente irregolare. Il Collegio, pur riconoscendo che la specialità della normativa in materia elettorale richiede un particolare rigore interpretativo per ovvie esigenze di assoluta garanzia in ordine alla certezza giuridica degli atti ed in ordine al corretto e
sollecito svolgimento delle procedure elettorali, ritiene che dette esigenze non potevano nel caso concreto legittimare – in sede di istanza di riesame- la conferma della ricusazione della lista di cui è causa. Invero,in questo caso la certezza giuridica dell’esistenza di un evidente errore materiale relativo alla data dell’autenticazione delle firme dei sottoscrittori della lista da parte del pubblico ufficiale autenticatore risulta dimostrata anzitutto da più dati di fatto, oggettivi e convergenti; tutti riferibili all’anno 2009 e non al 2008 (costituzione del movimento politico L.A.M. nel 2009;autorizzazione rilasciata nel maggio 2009 al consigliere provinciale incaricato di effettuare l’ autenticazione delle firme dei presentatori della lista; date di rilascio dei documenti di identità di alcuni sottoscrittori,successive al maggio 2008;
presenza di tre sottoscrittori che nel maggio 2008 non avrebbero potuto essere in possesso del certificato elettorale,in quanto non ancora maggiorenni).
Inoltre risulta comprovata anche dalla puntuale dichiarazione di rettifica successivamente resa dallo stesso consigliere provinciale incaricato dell’ autenticazione delle firme dei presentatori della lista, che ha precisato la circostanza secondo cui l’indicazione riferita al mese di maggio 2008 era derivata da un errore materiale del datario dell’ufficio.In presenza di tali dati di fatto, assolutamente oggettivi e di tale convergente dichiarazione resa dallo stesso pubblico ufficiale incaricato ad effettuare l’autenticazione
delle firme,l’Ufficio elettorale centrale ben poteva e doveva in sede di riesame ritenere emendabile l’errore senza frapporre l’ostacolo derivante dalla mancata proposizione della querela di falso prevista dalla norma generale in materia di efficacia degli atti pubblici (art.2700 cod.civ.).Infatti, la legittimità dell’ammissione della lista era in questo caso perfettamente giustificata e giustificabile in base alla considerazione che – anche in materia di operazioni elettorali – è assolutamente corretto tenere ben distinte le irregolarità sostanziali (di per sé non sanabili ex post) da quelle soltanto formali qualora siano sicuramente percepibili come tali in base ad univoci dati di fatto; ciò,allo scopo di consentire che queste ultime possano essere legittimamente emendate in base ad una semplice e rapida procedura di rettifica (senza quindi subire le inevitabili lungaggini processuali derivanti dalla proposizione di una querela di falso), nel doveroso rispetto dei ben noti ed immanenti principi di favore del voto e di massima partecipazione dei cittadini alle competizioni elettorali sia amministrative che politiche. Per questi motivi, le dedotte censure di violazione di legge e di eccesso di potere meritano di essere accolte, con la conseguente riforma della sentenza appellata”.