L’ennesimo litigio, la rabbia e la spinta che le ha fatto battere la testa contro uno spigolo (la ricostruzione del marito ai carabinieri) Anna Maria Gandolfi muore così, a 57 anni, in quell’appartamento di 80 metri quadri, vicino al cimitero di Porto Recanati, a Grotte, a pochi metri di distanza da un’altra tragedia della disperazione. Perché nella frazione di Loreto, Grotte, al confine con Porto Recanati, il 28 luglio di 3 anni fa morirono altre due donne, freddate da una Beretta cal. 7,65. A sparare era stato Claudio Alberto Sopranzi, incensurato. Quando si dice il caso. Stavolta però la pistola non c’entra nulla, e forse non c’era nemmeno la volontà di uccidere. Tanto che si parla di omicidio preterintenzionale. Il presunto omicida, Amedeo Belli, 59 anni viveva il più possibile lontano da quella donna, tanto che i vicini non lo vedevano praticamente mai, in quella casa. L’uomo avrà tentato di rifarsi un’altra vita, magari un altro amore. Non è facile convivere con la malattia. Ogni tanto andava a trovare la moglie, come nel giorno della tragedia. Giorno in cui sarebbe dovuto arrivare l’Ufficiale Giudiziario, prima di procedere con lo sfratto. Belli avrà voluto avvisare Anna Maria Gandolfi del fatto che doveva decidersi a lasciare quella casa, era dal giugno 2011 che il locatore non riceveva i soldi dell’affitto. La donna non se ne voleva andare. Mentalmente fragile rifiutava di curarsi. E’ stato un momento di rabbia, poi una spinta, e venti anni di dolore si sono risolti così, nel modo peggiore