“Mare nostro portali a riva prima che muoia l’ultima stella. Mare nostro tu sai chi li guida è quel Dio che non ha frontiere”. È una invocazione di salvezza e di speranza rivolta al mare, nostro amico, con il rispetto che sempre chiede e che quando viene meno lo fa diventare ostile e pericoloso. Sono alcune parole della canzone dei Gang dedicata ai migranti, donne uomini, che solcano il mare con il cuore pieno di speranza. Lo stesso mare che a volte diventa un cimitero anche per chi lo vive ogni giorno con il sole che scolpisce il volto ma anche con il vento, il freddo, la salsedine e la tempesta. Fascino e crudezza del mare.
È stridente in questi giorni di festività pasquali in cui il popolo cristiano si stringe intorno alla gioia per la resurrezione di Gesù, doversi invece confrontare con l’umanissima morte che non rispetta le feste comandate e soprattutto non fa perpetuare nessun evento miracoloso. Passati
tre giorni nessuno più è risorto da quel lontano 33 d.c. e ancora devono provare che ciò sia successo.
Il Cardinal Martini in un’intervista di qualche anno fa a domanda diretta rispose che “la resurrezione è il mistero della fede, un di più che ci aiuta. E’ lo Spirito che risorge in tutti noi ogni volta che l’amore del prossimo vince sull’egoismo dell’amore di sé”. Che la religione sia una carrellata di misteri creati per fronteggiare la fragilità umana è soltanto un mio convincimento, ritengo però profondamente contraddittorio lo spirito dei credenti, rispetto alle affermazioni del cardinale, quando ripetono: “Ringrazio Dio”. Un ringraziamento in genere associato a un forte individualismo per non definirlo egoismo.
Ognuno di voi potrà recuperare nella memoria qualche esempio di uso personalistico di gratitudine alla divinità, io ricordo la festa per il patrono di Bari, San Nicola: 20 mila persone distribuite lungo il molo, più un migliaio sulle barche, tutti lì per lo spettacolo pirotecnico che si trasforma in una sorta di bombardamento a pelo d’acqua. Barche affondate, decine e decine di ferite. Qualcuno gridò al miracolo e ringraziò, in quel caso, San Nicola, che si sarà fatto portavoce ai gradi più alti.
Ma la resurrezione è un tema di riflessione anche per i non credenti. Dove si cerca la speranza? L’amore per il prossimo è un istinto? Nasce dall’essere animali sociali? Risorgiamo ogni giorno semplicemente svegliandoci?
Una piccola risposta la scoviamo tra le parole di una vecchia canzone (concedetemelo, in questi giorni anche il vescovo di Noto nella sua omelia ha citato e cantato persino Noemi e Marco Mengoni sostenendo che gli rubano i temi delle prediche) che racconta di un “dio che è morto” e ravvede una possibile resurrezione “in ciò che noi crediamo, in ciò che noi vogliamo,
nel mondo che faremo”.
E’ lì che dio può risorgere. È lì che possiamo sperare.