CONCESSIONI BALNEARI E BOLKESTEIN. L’ABAT: “PRONTI A NON RIAPRIRE LE ATTIVITA’ SE NON SAREMO TUTELATI”

L’associazione dei balneari minaccia di non aprire gli stabilimenti la prossima stagione senza provvedimenti che tutelino le loro concessioni. Gli operatori hanno scritto al presidente della Regione Acquaroli, all’assessore al Demanio Castelli prima della conferenza stato regioni sulla situazione dei balneari marchigiani che si terrà domani.“Stiamo valutando – scrive in una nota l’associazione in provincia presieduta dalla civitanovese Mara Petrelli – l’ipotesi di non aprire per niente le attività nel prossimo immediato, e questo causerebbe una perdita immediata per il pil nazionale”. Sono sul piede di guerra gli operatori dopo la sentenza con cui il Consiglio di Stato ha fissato la scadenza della durata delle loro concessioni al 31 dicembre 2023 aprendo la porta alle procedure della direttiva Europea Bolkestein che vuole la messa all’asta delle licenze che insistono sul demanio. “Non è possibile – scrive l’Abat – che la sentenza abbia dato solo due anni per tutelare esclusivamente le pubbliche amministrazioni, trascurando totalmente la tutela economica e sociale di noi cittadini privati, con ripercussioni gravissime sul piano economico delle imprese e dell’occupazione lavorativa, mandando a sfascio tutto l’indotto economico che gravita attorno ad essa”. La richiesta alla Regione è battersi per negare la scadenza al 2023. “Se così non fosse – avvertono – ci sarebbe la distruzione totale del settore. E’ inaccettabile che l’Italia sia stata trattata in maniera ingiusta e differente rispetto ad altri paesi europei (Francia, Spagna, Portogallo, Galizia), i quali hanno avuto proroghe lunghissime e permessi,mai contrastati dalla stessa Europa, nonostante noi e loro abbiamo gli stessi obiettivi di difesa del turismo. Ogni nazione ha difeso il proprio turismo, tranne l’Italia. Che sia chiaro: pretendiamo soluzioni dal nostro Governo identiche a quelle messe in atto per gli altri. Se Europa deve essere, Europa sia per tutti in egual modo”. “Le Marche – concludono – hanno costruito l’industria del turismo grazie all’impegno e ai sacrifici di nuclei familiari, che negli anni ‘50 hanno dato avvio al turismo balneare. Noi abbiamo in concessione solo il suolo, tutto il resto è nostra proprietà privata, con nostri investimenti privati, voluti dai precedenti governi per lo sviluppo dell’economia turistica, tramite leggi autorizzatorie. In conclusione, chiediamo che la Regione Marche si faccia carico di questa realtà e la esponga, con forza, al Governo nazionale, tenendo conto che le stesse realtà e problematiche valgono anche per tutte le altre concessioni demaniali marittime, cantieristiche, portuali, commerciali, allevamenti in mare e quant’altro”.

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