Si consideravano una sorta di “movimento” calcistico, non certo nel senso sportivo del termine, perché il loro schema di gioco si basava “sulla corruzione dei giocatori”, che per alcuni erano anche compagni di squadra o avversari. Erano divisi in due gruppi, gli “zingari” e i “bolognesi”, ma di scommettitori ce n’erano anche “in Albania”, a Pescara, a Bari, a Milano, perché il fine ultimo dell’associazione per delinquere, composta da giocatori e titolari di agenzie di scommesse, era “manipolare” più partite possibili per incrementare le vincite. E’ questo il quadro della clamorosa inchiesta sul ‘totonero’, che emerge dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Cremona, Guido Salvini, a carico di 16 persone, tra cui l’ex bomber della Lazio e della Nazionale, Beppe Signori. Era lui il “leader indiscusso, per ragioni di prestigio personale” nel mondo calcistico, del gruppo dei bolognesi, mentre a capo dell’ altro ramo dell’organizzazione, “la cui composizione interna non è del tutto nota”, c’era Almir Gegic, detto “lo zingaro”, slovacco calciatore del Chiasso, anche ex compagno di squadra di Mauro Bressan, anche lui ai domiciliari, come Signori. “La frequenza delle manipolazioni – scrive il gip – è impressionante, e si giunge a situazioni in cui sono gestite contemporaneamente fino a cinque partite di calcio da manipolare”. Un giro di denaro, che secondo il giudice, è “terreno fertile per l’insinuazione di elementi di una criminalità organizzata ai più alti livelli”. A volte però le ‘puntate’ vanno male, come quella del 25 febbraio scorso sulla partita Livorno-Ascoli: avevano scommesso sulla vittoria dei toscani e il match invece finì 1-1. “Se questi non entrano neanche in area, io non posso buttare la palla nella mia porta con le mani”, avrebbe detto Vittorio Micolucci, difensore dell’Ascoli, finito ai domiciliari, stando al racconto di Marco Pirani, finanziatore dell’associazione, captato al telefono dagli investigatori.