ANZIANI: UNO SU CINQUE E’ A RISCHIO POVERTA’

povertaI dati dello Spi Cgil presentati in occasione del convegno “L’Unione europea tra paure e speranza. I pensionati di fronte alle incognite della crisi”. L’Italia ha allo stesso tempo i redditi da pensione più bassi d’Europa e il costo della vita più alto di rassegna.it
In Europa il 20% degli anziani è a rischio povertà e di esclusione sociale. Una percentuale che vale anche per l’Italia a causa dello scarso potere d’acquisto delle pensioni, della bassa qualità e accessibilità dei servizi di welfare e del costante aumento del costo della vita, dei prezzi e delle tariffe. A dirlo è lo Spi Cgil in occasione del convegno organizzato a Roma l’11 maggio dal titolo “L’Unione europea tra paure e speranza. I pensionati di fronte alle incognite della crisi”.
Peggio dell’Italia, secondo i dati del sindacato, oltre ai paesi balcanici, fanno il Belgio (21%) e la Spagna (oltre il 26%). Meglio, invece, altri paesi come l’Olanda (6%), Francia (12%), Germania (14%), la Slovacchia (16%) e la Danimarca (18%) dove le pensioni hanno un valore più alto e lo stato-sociale è di maggiore qualità.
Un altro dato allarmante, che emerge dalla ricerca dello Spi, è relativo al potere d’acquisto delle pensioni. Nell’Europa a 27 il 68% del reddito da pensione è assorbito dal costo della vita. Una percentuale alta, ma di gran lunga superata da quella dell’Italia, che si attesta intorno all’84%. Il nostro paese – osserva lo Spi Cgil – ha, quindi, allo stesso tempo i redditi da pensione più bassi in Europa e il costo della vita più alto, peraltro sempre di più in crescita. Sotto la media, invece, la Germania dove solo il 43% del reddito viene destinato al costo della vita, la Spagna con il 58%, la Francia con il 60% e la Svezia con il 66%.
Un altro aspetto che vede penalizzati gli anziani italiani, secondo lo Spi, è quello dell’età pensionabile. Nel resto dei principali Paesi eruopei, infatti, il meccanismo che regola la previdenza è flessibile, contraddistinto nella maggior parte dei casi dalla possibilità di andare in pensione primo o dopo l’età stabilita attraverso un meccanismo di incentivi e disincentivi.  Il pre-pensionamento con conseguenti disincentivi è possibile in Belgio, Danimarca, Germania e Spagna. In Francia, invece, è previsto a 56 anni in caso di lavoratori precari e a 55 anni in caso di grave disabilità. Il pre-pensionamento non è previsto nel Regno Unito e in Svezia. Molto più complesso è il quadro che riguarda i pensionamenti posticipati. Sono ammessi, infatti, in tutti i paesi Ue ma con diverse articolazioni. In Germania, Finlandia, Regno Unito e Spagna ad esempio non hanno alcun limite d’età. In Belgio è possibile, fatta eccezione per i dipendenti
pubblici mentre in Danimarca è possibile per la pensione pubblica di vecchiaia fino ad un massimo di 10 anni dopo l’età pensionabile e fino a 75 anni per la pensione integrativa. Anche la Francia fa storia a se. In questo caso il pensionamento posticipato è possibile dopo i 60 anni per aumentare l’importo della pensione o dopo i 65 anni se non si hanno sufficienti requisiti assicurativi. In Svezia, infine, è possibile continuare a lavorare anche dopo i 67 anni purché vi sia una contribuzione con il datore di lavoro.
Infine, lo Spi traccia anche un quadro di prospettiva sull’andamento demografico nel vecchio continente. Attualmente, in Europa si contano circa 87 milioni di persone over 65 anni, il 60% delle quali sono donne e il restante 40% uomini. Il dato, però, è destinato ad aumentare nei prossimi 30 anni segnando il progressivo invecchiamento della popolazione europea. In Italia, ad esempio, nel 2010 gli over 65 anni erano 15 milioni. Nel 2020 invece saranno 16 milioni, nel 2030 19 milioni e nel 2040 arriveranno a toccare quota 21milioni. Il dato subirà un calo nel 2060 quando il numero di anziani arriverà a quota 20 milioni.

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