“LA RAI MI DICA SE VUOLE DISFARSI DI REPORT”

report«Il direttore generale dica se vuole disfarsi di Report. Non sono attaccata alla sedia con il vinavil. Ma lo dica ora. Diversamente, non si può pensare di mandare le persone in una sommossa senza il casco». Milena Gabanelli ha assistito finora in silenzio alle sorti del suo programma: quello con il miglior rapporto costo ascolti e il più alto indice Qualitel. Prima le voci di una cancellazione, poi le rassicurazioni del dg, quindi la conferma in palinsesto annunciata senza trattativa, fino alla sorpresa della clausola: in onda sì, ma assumendosi tutti i rischi.
Ora, però? «Siamo fermi, perché a queste condizioni non si comincia a lavorare. Non è la fine del mondo se la Rai non vuole più Report basta dirlo, senza trovare pretesti».
La Rai sostiene che esistono problemi di tutela legale per chi, come lei, non è dipendente. Non ci crede? «In 14 anni di Report credo che io e la mia squadra abbiamo dimostrato un grande senso di responsabilità. Tutte le cause contro di noi si sono concluse con l’archiviazione e la condanna del ricorrente a pagare le spese. Un programma d’inchiesta non può reggersi solo sulle spalle nostre. Ad altri la tutela viene data».
Ad esempio? «Giuliano Ferrara. Il vicedirettore generale sostiene che non si può manlevare un esterno che fornisce Report chiavi in mano. Io non fornisco chiavi in mano un bel niente, perché ho un contratto di esclusiva, ma se vuole darmi il marchio da gestire glielo fornirò chiavi in mano».
Report non è in appalto? «No, c’è una redazione interna e un gruppo di autori con cui lavoro da 14 anni che sono sempre gli stessi e vendono il servizio finito. È una scelta aziendale perché produttivamente è la più conveniente per la Rai».
Il timore è che la Corte dei conti, in caso di condanna, contesti un danno erariale. «Un programma come questo lo fai se condividi i rischi e la tutela avuta finora prevede la rivalsa in caso di condanna per colpa grave. Detto questo, l’attenzione al danno erariale bisognerebbe averla in testa anche quando si assegnano le poltrone: solo a persone competenti».
Perché si è rivolta a un avvocato? «Finora non ho mai pensato che l’azienda per cui lavoro mi mettesse clausole peggiorative. Ora penso sia meglio farmi tutelare».
Tratta con la7? «Non ho trattative in ballo con nessuno».
Che effetto le fanno le intercettazioni di chi chiedeva la sua testa? «Non posso non chiedermi da chi viene in realtà gestita la più grande azienda culturale del Paese. Chi è che decide le competenze più adatte».
E la vicenda Santoro? «È stata incentivata l’uscita di un asset strategico. Quando la Fiat elimina un modello che funziona, sa come rimpiazzarlo. Da quel che leggo sono altri a decidere cosa va bene e cosa no. Si può condividere o no il prodotto Santoro, ma la Rai vive di ciò che manda in onda e deve rispettare la mission di servizio pubblico e portare a casa ascolti».
La vorrebbero a Rainews24. Ci andrebbe? «Anche il direttore Paolo Ruffini ha detto: “Se il problema è questo, assumiamo l’autore di un programma che funziona dal ‘ 97 e costa anche poco”. Mi sembra che vengano assunte persone con curriculum anche meno cospicui del mio. Ma non sono incollata alla sedia. Sarebbe più leale dire: “Non abbiamo più bisogno di voi”. Altrimenti fateci lavorare o quando sarà il momento non saremo pronti».

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