VITA VITA: IL FESTIVAL CHE NON C’E’ STATO

Le strade piene di gente, i bambini con le facce dipinte che guardano ad occhi sgranati i giocolieri e i mangiafuoco, gli artisti di strada che regalano la loro arte anche a chi passeggia, anche al più disincantato. Le bande che sfilano, le majorettes, i gruppi in angoli diversi della città con musiche per tutti i gusti, sognando di essere come i Måneskin ma intanto hanno un pubblico di fronte che li applaude. C’è chi recita, chi dipinge, chi cucina, chi spilla bevande, chi gusta un bicchiere di vino e si mangia la frittura a trattenere un’estate che si vuole ancora vivere, assaporare. Questa era l’anima di Vita Vita: l’arte per strada e le persone immerse in grandi e piccole prestazioni, gli artisti in mezzo ad un fiume di donne, uomini, bambini, anziani, qualcuno più attento, altri solo allegri.
Vita Vita era l’arte che, approfittando dell’estate non ancora spenta, si appropriava degli spazi, gigioneggiando, ammiccando, sorridendo a chi aveva accettato l’invito. Se un festival nato per vivere all’aperto lo riduci in una cornice diversa: al chiuso, dentro un teatro, con poche persone non è più quello che tutti si aspettano: è altro! Vita Vita non si fa a teatro, altrimenti non può avere quel marchio, quell’etichetta. Abbiamo patito tutti nel lungo tempo della pandemia, la chiusura dei cinema, dei teatri, la mancanza dell’arte, della musica, dei musei. Più di tutto abbiamo patito la solitudine e il non poter condividere. Vita Vita ridotta in un teatro, senza nulla togliere alla bravura di chi si è esibito, non è stato ciò che ci aspettavamo: è stato altro.
Veramente visto il maltempo non si poteva rimandare di qualche giorno? Veramente bisognava farlo per forza anche se si tradiva il suo spirito, la sua ragione d’essere! Sul serio non c’era altra soluzione che chiudersi al Rossini e condividere solo con i pochi che le norme anti covid possono far accedere ad uno spazio chiuso?
Non sono la sola a pormi queste domande e in tanti vorremmo delle risposte perché ciò che si è realizzato con i soldi pubblici deve avere il “pubblico” e non degli affezionati, degli amici cari. Questi eventi non sono per pochi intimi, dovrebbero promuovere la città, indurre le persone ad uscire di casa, fare arrivare gente da fuori che poi potrà dire agli amici: “che bella serata, la prossima volta non dovete mancare”. Tutto questo non c’è stato, praticamente quasi nessuno si è accorto che Vita Vita è passata ed è volata via, insalutata ospite. Peccato. Peccato per l’ennesima occasione persa, peccato per la gente che non si è goduta un bel niente, peccato per gli ennesimi fondi pubblici spesi male. La mia critica non è fatta con acrimonia, ma con il rimpianto di vedere sempre la solita sciatteria, le cose fatte male, tanto per dire “l’ho fatto”. Speriamo in un dolce settembre, nell’autunno con il profumo di vino novello e in nuove sfide, nuove proposte per questa città che meriterebbe altro.
Di Cristiana Cecchetti

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