Probabilmente il presidente Nicolas Sarkozy è davvero arrabbiato con il governo italiano che non è ancora riuscito a far dimettere dal consiglio della BceLorenzo Bini Smaghi per lasciare il posto a un francese. Però la Francia può consolarsi con un’altra bella conquista di un’impresa industriale italiana, un nome storico come la Edison che evoca grandi successi imprenditoriali del passato, battaglie finanziarie e di potere, scalate e tensioni, Enrico Cuccia, Raul Gardini e la Fiat, quello storico palazzo di Foro Buonaparte a Milano. Ormai è fatta. In questo week end si metterrano a punto gli ultimi tasselli di un’operazione che consentirà ufficialmente al colosso statale francese Edf di rilevare la maggioranza, di controllare pienamente e di gestire una società davvero strategica per l’economia italiana. Edison è il secondo produttore di energia dopo l’Enel, e il secondo operatore del gas dopo l’Eni. Edison è soprattutto un grandissima piattaforma per il gas allungata nel mezzo del Mediterraneo, a pochi chilometri di distanza dai pozzi del Nord Africa. Difficile immaginare qualche cosa di più strategico di un’impresa come questa, soprattutto in un paese come il nostro che ha grandi problemi per garantirsi flussi di energia, di origine diversa, a prezzi competitivi. In questi giorni che portano al 31 ottobre, quando scade il termine dei patti tra gli azionisti di controllo, i soci italiani, in particolare A2A e Iren cercheranno di salvare almeno la faccia e una parte del portafoglio portandosi a casa qualche centrale di Edipower (dove sono custodite ex centrali dismesse dall’Enel) e il “diritto” a vendere più avanti e loro azioni nella Edison, sperando che possano rivalutarsi nel tempo perevitare di scontare pesanti minusvalenze. I francesi probabilmente riusciranno a fare bingo, evitando di lanciare un’offerta pubblica di acquisto sulle azioni Edison in mano ai soci di minoranza proprio nel momentoin cui diventano i padroni assoluti. Quindi i risparmiatori italiani potrebbero essere sacrificati anche questa volta in nome dei supremi interessi dei grandi soci. Proprio per questo ieri il titolo Edison è crollato in Borsa. Ma sull’ipotesi di offerta pubblica o meno deciderà la Consob. Non mancherà inoltre una concessione leggermente ipocrita da parte del padrone francese che consentirà alla Edison di avere un presidente italiano – qualcuno per una presidenza ben retribuita lo si trova sempre – oltre naturalmente a rassicurare sulla presenza, la sede, gli investimenti italiani. Siamo in Europa e non bisogna lamentarsi troppo, il mercato fa quello che vuole. Se i francesi hanno i soldi e fanno shopping in casa nostra, dalla Bnl a Bulgari, da Parmalat alla Edison, nessuno può lamentarsi. Anche perchè nessun imprenditore ha alzato la mano, nessuna cordata italiana si è fatta avanti per comprare queste importanti imprese. Nel momento in cui in Italia trionfa la retorica sulle privatizzazioni, un’azienda privata italiana passa nelle mani di un gruppo di Stato francese. Questa è la realtà e con questa bisogna fare i conti, anche quando si parla di strategia industriale. Sorprende, però, il silenzio del governo che pur è informato dell’evoluzione e in particolare del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, il nostro Colbert che fino a qualche mese fa era pronto, almeno a parole, a difendere le nostre imprese dalle aggressioni straniere. Ma il governo si è mosso tardi e male, senza un’idea, annaspando tra improbabile ritorsioni e una totale mancanza di interventi coerenti e responsabili. Imprese come Parmalat ed Edison si difendono e si sostengono avendo in mente un progetto chiaro di politica industriale, di alleanze, di internazionalizzazione, di sviluppo. Invece Tremonti ha partorito solo qualche astiosa e inutile ripicca. Ha inventato in ritardo e con pochi soldi il fondo della Cassa Depositi e Prestiti per le imprese strategiche, mentre sul fronte legislativo e politico non è stato in grado di maturare qualche idea nuova. Eppure Tremonti aveva contestato l’offensiva di Lactalis su Parmalat e poi di Edf sulla Edison annunciando un provvedimento legislativo destinato a garantire il principio di reciprocità, costruito sulla falsariga della norma francese anti-scalata che nel 2006 aveva impedito all’Enel di conquistare il colosso francese Suez. Sono passati sei mesi dalle proteste pubbliche di Tremonti e non è accaduto nulla. Lactalis appena arrivata in Parmalat ha pensato bene di usare nelle “tesoreria centralizzata“, cioè francese, il miliardo e mezzo di euro custodito in cassa a Collecchio. Tutto regolare, anche se fa un po’ di rabbia. Oggianche la Edison va verso Parigi. Forse qualcuno si illude che da domani il presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassanini, farà scudo col suo corpo di fronte ai prossimi invasori stranieri.
Articolo di Rinaldo Gianola da “l’Unità” del 29 ottobre 2011