“TASSE E NIENTE RIFORME. MA L’ALTERNATIVA ORA C’E’. RICOSTRUIREMO IL PAESE”

bersani_adn-400x3001Ricostruiremo  noi  l’Italia», dice Pier Luigi Bersani il giorno dopo l’approvazione di una manovra «spudoratamente classista e che non porta il Paese fuori dalla tempesta». Per il leader del Pd il dato fondamentale di questo passaggio è che «di fronte a scelte assurde o profondamente negative tutta l’opposizione parlamentare ha concordato sia l’assunzione di responsabilità sui tempi, sia la fortissima critica sui contenuti»: «Per la prima volta dopo tre anni, Pd, Idv e Udc  hanno presentato emendamenti  comuni.  È  una  novità  che non va sottovalutata. Tanto più in un momento difficile come questo dobbiamo lavorare all’unità dell’opposizione e alla definizione di un’alternativa credibile». Anche perché, dice Bersani ripensando ai colloqui con capi di Stato e di governo incontrati nel viaggio in Medio Oriente da cui è da poco rientrato, «è urgente rilanciare il ruolo dell’Italia nel mondo»: «Il berlusconismo ha portato un grande Paese come il nostro a non discutere neanche di quel che avviene alla porta di casa. È desolante come siamo avvitati su questioni domestiche, spesso di serie C, come questo governo non si renda conto che quanto sta avvenendo al di là del Mediterraneo sia rilevante per il nostro futuro».

Sicuri che il vostro «senso di responsabilità» sia stato compreso dai cittadini, che non veniate giudicati anche voi responsabili di una manovra come questa?
«Un governo in difficoltà, con la sua comunicazione, prova a far condividere delle responsabilità che sono
solo sue. Ma la realtà dei fatti è semplice. Da un mese il governo aveva annunciato la fiducia, come aveva già fatto 46 volte. La nostra responsabilità è stata quella di accettare il cambio dei tempi. Lo abbiamo fatto vedendo che l’Italia era aggredita dai mercati internazionali, sapendo che due settimane di confusione in una  situazione  già  drammatica avrebbero potuto portare guai peggiori e sapendo che i costi dei danni provocati si  scaricano  sempre  sui più deboli. Ma la nostra responsabilità si ferma qui, sul baratro di guai peggiori».

Dice invece Berlusconi che ora che è stata approvata la manovra “l’Italia è più forte”.
«Non è così, hanno imbastito una manovra carica di tasse e senza alcuna riforma, che non ci metterà al riparo dai mercati e che ha innescato una bomba a orologeria che scoppierà tra il 2013 e il 2014. Dopo tre anni in cui il governo ha perseguito una politica economica sbagliata,  neanche questa volta  è  stata  fornita  la  risposta all’interrogativo di fondo, e cioè come fa un Paese con un debito così alto a pagare quel che deve crescendo poco o nulla. È vero che c’è un attacco all’Euro, è vero che imperversa la speculazione, ma se siamo tra i paesipiù deboli dell’Unione è perché non c’è una minima strategia per la crescita. Senza un pacchetto di riforme da dare in pegno all’Europa per un rientro più sensato, meno pesante, rimaniamo in mezzo alla tempesta».

Voi siete disposti a confrontarvi col governo su queste riforme per la crescita “nel modo più aperto e concludente”, per utilizzare le parole del Capo dello Stato?
«L’appello  del  Presidente  Napolitano, che riconosce che nessuno ha rinunciato alle proprie posizioni, è a
presentare un pacchetto di riforme, e noi abbiamo già avanzato delle proposte indicative già nel corso della discussione  della  manovra.  Abbiamo indicato un elenco di liberalizzazioni,  di  interventi  per  ridurre  i  costi dell’amministrazione  e  quelli  della politica, abbiamo anche presentato una proposta di riforma fiscale e una per un diverso sistema degli appalti. Se si tratta di avanzare proposte di riforma, noi sono tre anni che lo facciamo. Se si tratta di ritenere che il quadro politico lo consenta però no,
non pensiamo che sia possibile».

Perché per voi Berlusconi non ha la credibilità sufficiente?
«Non è per noi. È agli occhi del mondo che Berlusconi non ha credibilità. Se dopo le amministrative e il referendum è emerso con evidenza che non ha più la fiducia del Paese, ora è evidente che non ce l’hanno neanche i mercati e le cancellerie internazionali».

Ha la fiducia in Parlamento.
«I numeri gli consentono una sopravvivenza estenuata. Parlano della stabilità di questo governo come se fosse la medicina mentre è parte della malattia».

Va bene ma se le dimissioni non arrivano, voi cosa intendete fare?
«Intanto dobbiamo chiarire come la pensiamo noi, e cioè che parte del rimedio è una ripartenza che passi per un  confronto  elettorale,  con  nuovi protagonisti, nuove idee, nuovi impegni».

Un governo istituzionale no?
«Siamo anche pronti a discutere la possibilità di una fase di transizione che nei tempi utili consenta una riforma elettorale. Ma a condizione che i vecchi protagonisti si facciano da parte. Se invece chi ci ha portato in questa situazione intende sopravvivere navigando da un incidente all’altro, si tratterà di una responsabilità gravissima che si assume totalmente».

Di nuovo: e voi intanto cosa intendete fare?
«Utilizzeremo tutte le occasioni parlamentari per porre fine a questa situazione e tutte le possibilità che abbiamo nel Paese, comprese le Feste, per far crescere il senso comune della necessità di una ripartenza. Sul piano della politica, lavoriamo per comporre uno  schieramento d’opposizione unitario».

Dall’Udc a Sel passando per l’Idv? Non teme che l’alternativa sia poco credibile?
«Guardi che la vera novità politica di questo passaggio non è tanto nei tempi di approvazione  della  manovra, ma il senso di responsabilità dimostrato dalle forze di opposizione. Per la prima volta in tre anni il Pd, l’Udc e l’Idv hanno proposto correttivi comuni, hanno presentato in Parlamento emendamenti insieme. È una novità che non va sottovalutata. Tanto più in un momento delicato come questo
bisogna costruire l’unità dell’opposizione. E lo stiamo facendo concretamente, mantenendo un costante rapporto con l’Udc e lavorando su tavoli tecnici con Idv e Sel. Così stiamo costruendo una credibile alternativa di governo. Sapendo anche che più passano i  giorni  senza  che  si  verifichi una svolta, più avremo l’esigenza di una ricostruzione. E quindi il prossimo non sarà un passaggio di governo qualsiasi».

Anche perché il grosso della manovra   viene   scaricato   nel   biennio 2013-2014,  quando  a  governare  saranno altri: nel caso ci foste voi al governo?
«Terremmo invariati i saldi della manovra, ma ne cambieremmo segno e composizione. Alcuni  segnali  già  li abbiamo dati. Due regioni governate da noi, Emilia Romagna e Toscana, non applicheranno l’aumento del ticket sanitario, mentre in Parlamento già abbiamo depositato una proposta di legge che eliminerebbe l’aggravio indicando anche una copertura diversa. Ma è l’intero impianto di questa manovra che va cambiato perché sono state compiute scelte di un micidiale classismo. C’è il taglio lineare della detrazione fiscale, che colpisce famiglie e lavoratori, cioè chi paga le tasse, mentre non c’è un rigo contro
l’evasione fiscale e c’è anche un mezzo condono. La tempesta non è passata e noi dovremo compiere un’operazione di ricostruzione in tempi molto difficili».

E  con  un  sentimento  di  antipolitica che, a giudicare dagli ultimi tempi, è piuttosto in crescita. Dice che l’opposizione e in particolare il Pd, per come si sta muovendo sui costi della politica,
ha la credibilità per affrontarlo efficacemente?

«Noi abbiamo avanzato proposte precise e coraggiose sui costi della politica e sul tema degli sprechi e dei privilegi. Come il superamento dei vitalizi per i parlamentari, la riduzione del numero di deputati e senatori, la riduzione delle società pubbliche, l’abolizione delle province al di sotto dei 500 mila abitanti, uscendo in questo caso dalla questione demagogica di cancellarle tout court senza dare conto di cosa fare delle funzioni che svolgono. Non accettiamo che questo tema delicato venga agitato in nome
dell’antipolitica, o che venga confuso con il tema istituzionale. Altrimenti con certi toni di questo passo
si chiederà di abolire il Parlamento e il Quirinale, perché costano, e di reinserire invece la figura del Podestà, tanto per risparmiare».

Non la preoccupa che senza qualche concessione alla demagogia si rompa quell’alleanza tra voi e società civile che si è vista alle amministrative, al referendum, nelle piazze in primavera?
«La mia preoccupazione principale è tenere un punto fermo, e cioè che senza politica comanda solo il miliardario. La Germania, paese che galoppa di più, non ha il miliardario ma i partiti. Detto questo, ci vuole una  politica sobria,  ci vuole  la buona politica. Che rivendica il suo ruolo ineludibile, indicare dove va
il  Paese  e  garantire  maggioranze che consentano un governo, ma conosce i suoi limiti. Che sta sotto il
palco e arrotola le bandiere in presenza di movimenti che la convincono e che sa quand’è invece il momento di dispiegarle, queste bandiere».

E sulla legge elettorale? Secondo lei come dovrebbe muoversi la politica, e in particolare il Pd, considerando anche che in campo ci sono due referendum diversi per superare il Porcellum?
«Martedì in Direzione propongo un testo di riforma coerente con la logica bipolare, che consente all’elettore attraverso un semplice voto sulla scheda  di  determinare  anche  la maggioranza di governo, che prevede il doppio turno e induce alle convergenze, che garantisce il diritto di tribuna, la presenza femminile e il fatto che i gruppi parlamentari possono essere formati soltanto da forze presentate alle elezioni. Io chiedo  che  il  partito  sostenga  questa proposta e di discuterla con le altre forze politiche. Questo tocca ai partiti. Il resto va lasciato alla società civile».

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