SAVIANO “I CRIMINALI SE LA CAVERANNO A PAGARE E’ CHI ASPETTA GIUSTIZIA”

saviano5DA “LA REPPUBBLICA”
di CARMELO LOPAPA
“Non si possono velocizzare i processi a discapito di chi sta attendendo giustizia. Adesso il messaggio è chiaro. Se in Italia qualcuno pensa di avere risposta dallo Stato, sa che spesso potrà non averla. E chi al contrario percorre strade trasversali alla legalità, quelle della criminalità organizzata e non solo, avrà la consapevolezza di potersela cavare. Che esistono le regole, ma che possono essere corrette”.
Roberto Saviano, che accadrà quando il processo breve diventerà legge col voto della Camera?
“Per capirlo bisogna ricorrere ad alcune immagini. Processo Spartacus, quello che nei giorni scorsi ha portato alla condanna all’ergastolo in Cassazione per 16 boss della vecchia guardia casalese: con questa legge il primo grado non sarebbe rientrato nei tempi. Sarebbe stato impossibile dimostrare che lo Stato persegue i reati, che è in grado, magari con lentezza, di condannare i colpevoli. Ancora, col processo breve giungeranno a prescrizione i maggiori processi in corso per incidenti sul lavoro. Processi che purtroppo necessitano di tempi lunghi per via delle perizie tecniche e a causa della lentezza della macchina giudiziaria. Per non parlare in ultimo della colpa medica. Tutte le persone che hanno subito interventi medici segnati da errori o terapie sbagliate vedranno cancellato il loro processo”.

I cittadini hanno diritto a tempi rapidi, è la tesi del governo.
“Ma perché i cittadini devono pagare due volte? Prima, attendendo tempi lunghissimi per il giudizio. Poi, durante il processo, vedendo cancellata la speranza di avere giustizia? Vero, bisogna velocizzare i processi. La lentezza della macchina giudiziaria italiana è scandalosa, ancor più per un paese che si definisce democratico. Prioritario e giusto velocizzarla. Ma rendendola più efficiente, mettendola in grado di funzionare. Non si può pensare di velocizzare a discapito di chi cerca giustizia”.

Obiezioni valide, se non si trattasse di una legge ad personam.
“Basterebbe poco per dimostrare che non si tratti di una norma che fa gli interessi di qualcuno. Dire: ecco, questa legge entrerà in vigore da domani, a partire dai nuovi processi, non ha valore retroattivo. Ma purtroppo così non è”.

Ritiene che tra i rischi vi sia quello della diffusione di un senso di impunità, una sorta di incentivo involontario alla criminalità organizzata?
“Il rischio c’è. La criminalità organizzata, e non solo, potrà pensare di cavarsela sempre. Che le regole ci sono ma modificabili”.

Il suo appello contro il processo breve, attraverso il nostro giornale e il sito, ha raccolto 500 mila firme. È stato tutto vano?
“Non è stato vano. Quelle centinaia di migliaia di persone sono lì a ricordare che quella non è una legge condivisa, che non va nella direzione della democrazia. Su questo, concordano molti elettori del centrodestra. Mi chiedo con che faccia, da domani, i rappresentanti del governo potranno guardare negli occhi chi chiede giustizia e non potrà più averne”.

Ormai la legge è in dirittura d’arrivo. In cosa spera?
“Spero ci sia ancora un margine perché rinsavisca chi crede ancora nello Stato. Se poi la legge sul processo breve verrà approvata anche dalla Camera, allora spero che venga rimandata in Parlamento”.

Da domani, lei inizierà un seminario alla Normale di Pisa. Sarà uno dei più giovani docenti.
“Il direttore della Normale, Salvatore Settis, mi ha offerto la possibilità di tenere un seminario e la cosa mi gratifica e mi entusiasma. Terrò un seminario su “metodo e analisi criminale”, applicata sia al genere letterario che ai metodi investigativi”.

Saviano in cattedra, per dire cosa?
“Nella prima lezione, cercherò di dimostrare come l’immigrazione nel Sud Italia stia diventando uno strumento di lotta alla mafia. Come, a partire dagli anni ’70, le grandi città meridionali si siano svuotate a causa dell’emigrazione e africani e immigrati abbiano coperto quei vuoti. Ma non riproducendo più il sistema criminale preesistente, anzi cercando di scardinarlo. Il caso Rosarno lo dimostra”.

E il suo obiettivo, al di là del messaggio?
“Fornire informazioni alle nuove generazioni. Sarà come servire ai ragazzi dei picconi, delle torce sui caschi. Spero così di costruire un metodo attraverso il quale aiutare a guardare con occhi diversi la realtà”.