SALVATORE NON RISPONDE AI PM. LA GENTE LO HA GIA’ CONDANNATO

parolSalvatore Parolisi, indagato con l’aggravante della parentela per l’omicidio di Melania Rea, la ventinovenne mamma di una bambina di due anni, Vittoria. Quando è arrivato, puntuale alle 16.30 in auto, accompagnato dai suoi legali, gli avvocati Walter Biscotti e Nicodemo Gentile in Via Orlini, per salire al secondo piano di Palazzo di Giustizia e rispondere ai magistrati nel primo interrogatorio che lo vede inquisito per l’assassinio di Melania, non si è scomposto davanti al folto gruppo di giornalisti presenti per immortalarlo. L’auto sulla quale viaggiava il caporalmaggiore del 235mo Reggimento Piceno, sotto il ciclone mediatico che si è scatenato, ha fatto il giro della procura, poi assediato dalle telecamere, Parolisi ha fatto l’entrata trionfale. Al centro della via, sulla scalinata centrale ed a testa alta. Camicia con i colori dell’arcobaleno, a righe aperta sul davanti, pantaloni arancio e taglio di capelli alla marines. Occhiali da sole, probabilmente di Melania, non ha risposto alle domande dei giornalisti. Uscito dopo tre ore dal Tribunale, Parolisi si è avvalso della facoltà di non rispondere. I magistrati Umberto Monti, Carmine Pirozzoli, Ettore Picardi e Cinzia Piccioni conoscevano già questa possibilità. Erano stati gli stessi avvocati della difesa ad anticipare, nei giorni scorsi, che Salvatore si sarebbe presentato all’interrogatorio ma, forse, non avrebbe risposto alle domande. Quesiti centellinati dai pm, per torchiare il militare che non si è affatto scomposto. E’ rimasto da solo a dire di aver portato Melania al Pianoro di Colle San Marco quel lunedì 18 aprile e di averla persa di vista alle 15.27. Trenta testimoni, tra cui un gruppo di ragazzi ed una coppia di anziani smentiscono questa possibilità. E’ stata uccisa con l’attacco della sentinella Melania. Una tecnica militare, una di quelle tecniche insegnate alle reclute dall’istruttore Parolisi. Soldatesse con le quali, sovente, Salvatore rimaneva in contatto una volta finito il corso di addestramento. Mentre Melania era una persona semplice nei modi, spartana, che utilizzava internet solo per telefonare ai genitori a Napoli, su Skype, con il nickname Vecio Alpino, Salvatore Parolisi chattava con le soldatesse, con Ludovica Perrone soprattutto. L’amante con la quale è rimasto in contatto anche dopo la morte della moglie. Quella stessa Ludovica alla quale Salvatore aveva promesso il giorno prima della scomparsa di Melania, che avrebbe lasciato la madre di sua figlia. Quella stessa Ludovica alla quale era dedicato il cellulare ritrovato nel campo sportivo di Villa Pigna, a Folignano, ben protetto dal nylon e riposto con cura tra le sterpaglie. “L’ho gettato per chiudere definitivamente questa storia” – dirà poi Salvatore Parolisi ai pm – c’è da credergli? A non credere in lui sono intanto i familiari di Melania: “Abbiamo avuto in casa per nove anni un orco travestito da agnello” dice il padre di Melania, Gennaro Rea. A non credergli è quasi tutta l’opinione pubblica. In Tribunale, ieri ad Ascoli, c’era davvero tanta gente. “Troppi segreti, troppe bugie, deve essere stato lui ad ucciderla …” il coro di voci. “Abbiamo visto il solito Salvatore – dice Nino Cirillo del Messaggero – il personaggio purtroppo al quale oramai siamo abituati, sbruffone e sicuro di sé”

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