PESCE IN BARILE

Mentre nei piatti delle mense scolastiche compare pesce del mare di Barents, specie fuori capitolato, tanto che i genitori indicono uno sciopero (non s’era mai visto) e portano via i bimbi, sguazza nelle acque di Palazzo Sforza il pesce in barile: il Ciarapicus acefalo. E’ privo di spine, anche quella dorsale. In particolari stagioni dell’anno, quelle in cui viene approvato il bilancio preventivo, si trasferisce lontano da casa e approda nei mari arabici. Si adatta a tutti gli habitat, anche quelli di acqua dolce dove però finisce per cascare nelle reti del peschereccio Ato 3 o per abboccare all’amo del Nostromo-Fiordomo. Si muove preferibilmente in banchi, ma non è raro vederlo nuotare nei fondali sabbiosi che sono il regno delle Triglie di fango, specializzate nell’arte di schizzarlo addosso ad altre specie. Sul dorso presenta pinne di notevoli dimensioni con le quali riesce a muoversi con disinvoltura tra altre specie come lo Scampo, così chiamato perché bravo a evitare i pescatori magistrati avvalendosi dell’emendamento ‘muto come un pesce’, e come lo Sgombro, meglio noto con il nome di Pignatarus Questurus, particolarmente abile nell’allontanare i pesci ROMbi. E’ frequente vederlo in coppia con la Razza, specie dalla carne bianchissima e incontaminata. Non ha particolari qualità organolettiche, ma viene spesso usato in cucina per la famosa ricetta ‘Noi sappiamo come fare’. Attenzione però perché una volta assaggiato può risultare pesante e difficile da digerire. In pescheria viene venduto in offerta speciale, con abbinata una maxi bolletta dell’acqua e un invito al convegno del senatore Pillon sul tema ‘Tengo famiglia tradizionale’: partecipano la moglie del sindaco, che parlerà di come si concorre e si arriva tra i primi cinque a un concorso del Paolo Ricci, e il cugino di un assessore, che spiegherà come presentare un progetto e ottenere finanziamenti comunali.
Di Robespierre

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