L’omicidio di Melania Rea: non si trova ancora il coltello di piccole dimensioni, con la lama affilata con cui la giovane mamma è stata uccisa. Non è il coltellino da cercatore di funghi recuperato da un volontario della Protezione civile che aveva partecipato alle ricerche nei boschi, e che nei giorni scorsi è stato consegnato a chi indaga. Esaminato dai carabinieri del Ris, non sembra collegabile al delitto. Così come la siringa già usata da qualche tossicodipendente che l’assassino o gli assassini hanno piantato nel seno della vittima, probabilmente dopo averla raccolta da terra. Un’evidente messinscena, ha confermato il Ris, che ha individuato sull’involucro esterno il Dna di un uomo e una donna estranei alla vicenda. Nuovi sopralluoghi e nuovi interrogatori si sono svolti anche ieri. I primi risultati degli accertamenti del Ris stanno arrivando a macchia di leopardo e, al momento, si interroga chiunque possa aver visto o percepito qualcosa che aiuti a individuare l’omicida ed eventuali complici. Intanto l’indagine non trascura il filone del delitto passionale e sullo sfondo le soldatesse e l’ambiente militare del 235° Reggimento Piceno.