“Quale ruolo ha la solidarietà nell’economica Occidentale? Infinitamente più piccolo di quello che dovrebbe avere. La nostra costituzione dice che l’impresa è libera, ma deve avere responsabilità sociale. Sono rarissimi i casi in questo senso, ma certo ci sono esempi abbastanza singolari”.
Così Moni Ovadia ha lanciato una riflessione anticipando alcuni spunti per la tavola rotonda che si terrà mercoledì 27 luglio, alle 18, al teatro Annibal Caro di Civitanova Alta e che lo vedrà presente. Il tema, appunto, “Quale spazio ha la solidarietà nell’economia dell’Occidente”. L’incontro rientra nella giornata delle premiazioni del Premio Impresa Solidale del Comune di Civitanova, in un dibattito promosso dalla OMAZ con i partner del riconoscimento. Così, grazie alla profonda amicizia della OMAZ con Alì Rashid, giornalista e scrittore palestinese e deputato della XV Legislatura della Repubblica Italiana, anche lui tra gli ospiti dell’appuntamento, è stato coinvolto nel dibattito Moni Ovadia. “E’ veramente triste pensare che uomini che hanno immensi capitali ne facciano uso solo per creare altra ricchezza ipertrofica o per comprare status symbol – ha osservato -. L’unica cosa sensata che possiamo fare è investire per equilibrare le spaventose diseguaglianze sociali. Ci sono imprese che sentono questa cosa, anche se sono poche. Ma se non siamo tra uomini uguali, parlare di libertà e solidarietà è una truffa. È la più feroce ingiustizia sotto il cielo”.
Un confronto sicuramente utile in un territorio come questo, che vive un profondo stato di crisi economica e con i recenti fatti, si pensi a quello accaduto a Fermo, che pongono riflessioni sull’incontro con gli altri.
“La crisi è un pretesto per fare una guerra tra i poveri – osserva Moni Ovadia – per abbattere i costi del lavoro e per la manodopera disponibile. E poi se l’Italia si definisce Paese cristiano (Benedetto Croce diceva che non ci possiamo definire non cristiani) il pilastro educativo dovrebbe essere l’accoglienza dello straniero. Facciamocela finita di starnazzare a vanvera, perché se ci definiamo cristiani ma non accogliamo siamo peggio dei pagani. Stesso discorso per gli ebrei perché la Torah dice “amerai lo straniero”. Nel momento che c’è una distinzione tra noi e l’altro siamo già nella perversione. E l’economica certo non migliora se reprimiamo gli stranieri, che producono Pil e pagano tasse più di quelle che usano. Non è un caso che l’economia più forte del pianeta sia di un Paese di immigrati, gli Stati Uniti, dove non c’è un lui e un loro”.
Con Alì Rashid e Moni Ovadia si confronteranno, grazie al prezioso contributo dell’Università di Camerino, il professor Paolo Giovannini, storico Unicam, e il giornalista Francesco Giorgino.
La OMAZ ha deciso di contribuire al premio perché nel suo credo ci sono elementi fondanti legati alla solidarietà, dal momento che questa non rientra solamente nella sfera economica, ma permette di condividere le esigenze dei popoli, aiutandoli a realizzare i propri sogni di sviluppo.
“Per noi fare solidarietà non significa mandare un po’ di soldi e stare a posto con la coscienza per aver fatto un’opera di bene – ha spiegato Stefano Cardinali, chief operating officer OMAZ – bisogna aver coraggio di mettere in primo piano i bisogni di chi hai di fronte, il profitto diventa secondario. Così abbiamo fatto in Burkina Faso e così vogliamo fare ogni qual volta incontriamo situazioni simili. L’obiettivo è quello di far produrre, trasformare, e far consumare nel Paese d’origine… insegnare a pescare e non mandare solo pesci. E’ l’unico modo per cui un qualsiasi popolo possa sentirsi libero e degno di vivere nella sua terra. Ecco perché momenti come questa tavola rotonda sono importanti per rovesciare il modo di pensare”.