NELLE FOTO DI MARIO BARBONI IL RACCONTO DELLA PESCA

Messe le une a seguito delle altre su cavalletti di tondini di ferro posti nel margine del breve pontile del Medusa, le fotografie di Mario Barboni hanno raccontato, per un pomeriggio e con straordinaria efficacia, la vita del mare, quella semplice ma dura, legata alla pesca. Immagini che colgono istanti di lavoro che i più non conoscono e che descrivono con la nitidezze del bianco-nero il rapporto che esiste da sempre fra i pescatori e il mare, incostante, come si sa, nei suoi umori e che a volte sa mostrare un aspetto ostile ma che non spaventa chi da sempre conosce e rispetta.
“ Mi chiamo Mario – dice, con notevole efficacia, nell’elegante depliant della sua rassegna – , so nato a Citanò quarant’anni fa. Faccio lo marinà. So cominciato a fadigà da frico a bordo de lo scafo de famija, da grosso so pijato la patente da moturista e da capovarca. Me so vvicinato a lo mónno de la fotografia, de la vela e de li mondi. Ddò staco, porto commé la macchina pe ffa fotografie per cojie mejo lo monno mia. Sti scatti che só fatto li vojo spartì coll’addri per fa capì lo mestiere de lo marinà”. L’inseparabile fotocamera è una Canon a pellicola e per la stampa delle foto, la collaborazione è di un noto studio fotografico della città
Nel vernacolo civitanovese, che ancora è vivo fra “li marinà”, anche i titoli delle foto, in formato 30×45, rigorosamente in bianco e nero, con cornici in legno di abete, semplici ma forti e che sembrano essere state tagliate da quei tronchi rinsecchiti che il mare a volte deposita sulla spiaggia, e che sono di Andrea Offidani, di professione avvocato con una grande passione per il mare.
Eccoli i titoli delle foto, dal n. 1 al n. 16: Scafo che stà peschénne, Spetténno de ‘mbarcà la saccata (la rete), Svotémo la saccata, Mettémo le coffe (le ceste), Cermiscémo (separazione del pesce), Sciacquémo le coffe de li merlucci, Justémo lo pesce (mettere in fila il pesce), Sotto calà dormémo (il momento in cui la rete è in mare e i pescatori riposano: nell’immagine, tanto silenzio e solo rivoli di mare che scorrono sul pavimento), Magnémo, Scarghémo, due immagini de: L’impiommatura (il collegamento della rete a dei cavi di acciaio), Lo vabbo che remmacchia (il babbo Righetto che rammenda la rete da pesca), Rendro lo candiere, Li kuka (splendida immagine di un volo di gabbiani su un ribollire di onde).
Sicuramente qualche parola dialettale e accento non saranno riportati con la dovuta attenzione, e di cui ci scusiamo, e come conclusione, oltre all’apprezzamento per l’impegno assolto dal Moletto Medusa, dal presidente Giorgio Paolucci, detto lo “Scantò de Fontespina”, che è stato anche l’autore-saldatore dei cavalletti realizzati con tondini di ferro corrugato e a tutti i soci dell’associazione, vogliamo ricordare due frasi che danno un ulteriore tocco di raffinatezza alla rassegna fotografica. Una, tratta dalla canzone “Rimini” di Fabrizio de Andrè, riportata sul foglio delle firme: “Voi che siete uomini sotto il vento e le vele, non regalate terre promesse a chi non le mantiene”, l’altra riportata nel depliant: “I fotografi riprendono il mondo naturale, il mondo degli altri. Barboni: coglie il suo mondo mentre lo vive, riuscendo a stare dietro e avanti l’obiettivo”. Due annotazioni che inquadrano perfettamente “Lo Marinà” scatti su pellicola di Mario Barboni. (Vittorio De Seriis).

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