L’OMELIA DEL VESCOVO SULLA RICONCILIAZIONE

In occasione della festa di S. Marone, il vescovo mons. Conti, ha parlato di Civitanova come di città viva, piena di potenzialità ma, per lo stesso motivo, luogo di spaccio ed uso di droga, di prostituzione, di riciclaggio di denaro sporco. Una città, cioè, in cui gli abitanti, specialmente i più piccoli ed indifesi,sono soggetti a maggiori pericoli e perciò gli adulti devono essere più attenti e vigili e le istituzioni in grado di esercitare maggiore protezione e sviluppare maggiore senso civico. Nel contesto di queste considerazioni, il vescovo ha inserito il discorso sull’ Assessore alla Riconciliazione.
A questo punto tutti i presenti abbiamo alzato le orecchie ed il giorno seguente tutte le cronache riportavano ad unità l’omelia del vescovo con l’assessore alla riconciliazione.
Perché come spesso accade, quando il problema ci tocca da vicino o addirittura noi stessi, la buttiamo in politica. Come il difensore della squadra di calcio che non sapendo più come difendersi butta il pallone in calcio d’angolo.
La proposta di un nuovo assessore era, infatti, la conclusione di una richiesta di unità di intenti delle istituzioni locali necessaria per sconfiggere i mali che affliggono le grandi città, tra le quali il vescovo annoverava Civitanova.
Una unità che serve per governare le complessità, per far godere i diritti ed obbligare a rispettare i doveri, per educare i giovani alla generosità, alla solidarietà verso i più deboli, per difenderli dai facili “sballi”, per impedire che la concorrenza leale tra produttori e commercianti sia falsata da immissione e riciclaggio di denaro sporco, perché l’amore non sia svilito dalla violenza usata su giovani donne costrette alla prostituzione. Ma questa unità tra le istituzioni ed i cittadini richiede un esame di coscienza di ciascuno di noi perché nessuno si può dichiarare fuori dalle omissioni ed errori compiuti in questo campo. Ma gli esami di coscienza richiedono fatica e pericolo di dover cambiare le nostre abitudini ed allora meglio buttarla in ” politica ” e chiuderla lì.
Perché questa accezione della politica si limita a quanti assessori, a quanti posti spettano a questo o quel partito, a denigrare l’avversario come fosse un nemico, a sollecitare nei cittadini pensieri negativi che li costringano a pensare solo ai propri interessi personali o al più della propria famiglia , a rinchiudersi in se stessi e non essere disponibili a lavorare per il bene comune, ad usare i social non per animare dibattiti e discussioni su problemi comuni ma impaurire ed insultare il nemico politico ai limiti dell’offesa personale.
Se aboliamo questo tipo di politica, se pur dividendoci sulle soluzioni ai problemi sociali ed economici, sulle modalità di governo della cosa pubblica, ci riconosciamo reciprocamente nella generosità dell’impegno personale, nel garantire la libertà di espressione senza dover ricever insulti, nel rispetto della democrazia, credo che avremmo raccolto l’invito del vescovo pur non istituendo l’ assessore alla riconciliazione.

2 risposte

  1. David ha detto:

    Difronte a questioni serie si riesce solo a far battute.Micucci fa un ragionamento serio le risposte rappresentano i l livello attuale:battute,frasi fatte,luoghi comuni,un ragionamento non si riesce a fare.

  2. aura ha detto:

    …penso a quelli che hanno accettato denaro ovviamente sporco
    Dovevano essere sentinelle, hanno preferito far finta di nulla. Da civitanovese dico che e’ una vergogna!

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