LO SBARCO DEI MILLE. QUANDO L’UNIVERSITA’ DI MACERATA E’ A CORTO DI STUDENTI…

universita-di-macerata“Vi siete presi la Lube, noi ci riprendiamo l’Università”. Più o meno era questo l’assunto logico che è comparso negli editoriali e negli articoli che hanno campeggiato a tutta pagina nelle cronache locali per dare la notizia del ritorno a Macerata della facoltà di Mediazione linguistica. Un’associazione facile e sicuramente d’effetto, di grande appeal mediatico e del resto era anche la conclusione più immediata da farsi. Però c’è dell’altro dietro ai titoli della stampa e al rimpallo di lettere e conversazioni fra il Rettore dell’Università di Macerata Luigi Lacchè e l’amministrazione di Civitanova Marche. C’è un malcelato senso di superiorità da parte del capoluogo che mal si addice a persone di cultura e di spessore come docenti universitari dovrebbero essere. Partiamo dall’inizio: Civitanova 10 anni fa chiede di istituire un corso di laurea lungo la costa: vanno di moda le delocalizzazioni dei corsi universitari, è appena entrata in vigore la riforma del 3+2 che di fatto stabilisce che è possibile avere una laurea e fregiarsi del titolo di “dottore” anche solo con una triennale. Sarebbe lungo ora dilungarsi su quanti mali questo tipo di impostazione ha causato alla qualità dell’insegnamento sfornando di fatto laureati ora impiegati a tempo pieno nei call center, per cui non ci dilungheremo. Nascono anche corsi all’avanguardia e mediazione linguistica è uno di questi. E’ boom di iscrizioni, in linea con la tendenza nazionale, per cui se anziché fare 5 anni posso fermarmi a 3, anche se non sono uno studente brillante ci provo. E così le aule didattiche delle Università vivono un periodo felice. Ci sono tutte le condizioni per provare a rendere anche Civitanova una città di cultura. Una cultura non paludata ma che guarda all’export e al commercio. Mediazione linguistica avrebbe avuto nelle intenzioni questo scopo: formare delle figure adatte alle aziende manifatturiere che parlino le lingue e che sappiano usarle in contesti dalla vocazione produttiva e imprenditoriale, non serve che i suoi studenti sappiano recitare Shakespeare o Joyce, ma che siano competitivi su brand, marketing e business. Che non fosse il M.i.t di Boston era già evidente, però passano 10 anni e le condizioni cambiano, le iscrizioni sono in crisi e Macerata, con la sua vocazione umanistica, seppur confortata dai sondaggi nazionali sulla qualità dei docenti rischia di non aver confermate le iscrizioni. Ci sono però quei mille studenti di mediazione linguistica che farebbero comodo. Fare avanti e indietro con Civitanova per i docenti è poco pratico, molto meglio accorpare e portare tutto nel capoluogo. In questo modo si fa anche girare l’economia della città: bar, affitti, copisterie, pub. Le condizioni di 10 anni fa non ci sono più e anche il sostegno economico dato dagli imprenditori e dall’associazione creata ad hoc per sostenere l’Università aveva chiuso i rubinetti perchè qualcosa a distanza di anni, senza rinnovamenti, si era perso e vanificato rispetto alle intenzioni iniziali. Va benissimo che Macerata e il suo Ateneo lottino per la loro millenaria tradizione, peccato che per fare questo necessitino dei 1000 di Civitanova. Una scelta accademica che poteva essere anche condivisibile se palesata apertamente dimostrando senso della realtà e interesse per l’Ateneo. Il “Magnifico”, si risparmi però le accuse di inerzia, non si addice all’aggettivo che precede “Rettore”, si occupi di cultura e lasci stare la politica. Per quella gli studenti pagano le rette.

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