LO PSICOLOGO RISPONDE: IN CERCA DELLA FELICITA’

ST/PURSUIT15Cerchiamo tutti la felicità. Non quella che per un attimo è capace di sollevarci dalla monotonia dei nostri giorni, bensì quella inesauribile, infinita. Invece di considerarla un evento congiunturale siamo portati a credere che potremmo disporne a nostro piacimento. La ricerca della felicità è diventata la più grande industria della nostra epoca. Basta dare una sbirciatina alla quantità di libri dedicati all’ “Essere se stessi”, al “Sentirsi bene nella propria pelle”, al “Vivere in armonia”, al “Pensare positivo”, per rendersi conto che la ricerca della felicità è divenuta una sorta di imperativo morale. Quasi che non essere felici sia da considerarsi vergognoso. In realtà, il proliferare di questo tipo di pubblicazioni dovrebbe metterci la pulce nell’orecchio: se in tanti si affannano ad indicarci la via della felicità è proprio perché la ricerca non è poi così tanto agevole. Il concetto di felicità è, d’altronde, così vago che è impossibile darne una definizione esaustiva. Un uomo illuminato come Agostino già ai suoi tempi raccolse non meno di duecentoottantanove opinioni diverse sull’argomento. A me pare che il paradosso insito in questa ricerca forsennata è che più si rincorre la felicità più si sta male. L’essere umano non è mai stato così sofferente nell’animo come nel nostro tempo. Il dolore e la sofferenza che si credeva non dovessero avere più alcun diritto di cittadinanza nella nostra cultura, si trovano, invece, ad occupare, un posto smisurato. Il malessere sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti. Basta leggere attentamente i dati concernenti l’uso degli psicofarmaci nel mondo occidentale. Quando l’edonismo s’impone come un valore assoluto, il dolore psichico non può che essere considerato come privo di senso, come un attacco intollerabile al narcisismo, come il cieco accanirsi di un destino crudele. Freud nel “Disagio della civiltà” ci ricorda che la felicità per l’uomo è sempre provvisoria poiché ‘l’oggetto’ che dovrebbe assicurarla, per sua struttura, è evanescente. L’oggetto dei nostri desideri è sempre ‘l’oggetto che non abbiamo ancora’. Purtroppo la nostra società invece di prendere in seria considerazione le ragioni dell’ umano soffrire sceglie di interrogarsi, inutilmente, sulle ragioni della felicità. Tanto da spingerci ad ipotizzare che negare la sofferenza equivale, forse, a negare la vita stessa. Tocca, allora, a ciascuno di noi, porsi la questione in modo pertinente perché su quest’aspetto cruciale dell’esistenza la nostra cultura, da tempo, non risponde più. Fa orecchi da mercante. Invece di svelarci che la felicità non è mai completa, che è fatta di ‘esperienze di felicità’ e che poggia sempre sulle spalle dell’infelicità, preferisce tacere.

“>CURRICULUM
Vincenzo Luciani è laureato in Psicologia presso la Facoltà di Psicologia dell’ Università degli Studi di Roma. Iscritto presso l’Albo degli Psicologi della Regione Marche, presso l’elenco degli Psicoterapeuti della Regione Marche. E’ membro della Scuola Europea di Psicoanalisi e dell’ Associazione Mondiale di Psicoanalisi. E’ autore di numerose pubblicazioni. Attualmente è Direttore Consultorio Familiare Zona 13

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