LA FIERA DELL’EFFIMERO: CIARAPICA TRA NASTRI, CAFFÈ E STORYTELLING PRE-ELETTORALE. TUTTO FUMO, NIENTE ARROSTO

A Civitanova è ufficialmente iniziata la stagione più lunga dell’anno: la campagna elettorale di Ciarapica. Non una qualunque, ma la più effimera, scintillante e fotogenica di sempre. Una roba da influencer istituzionale, altro che sindaco. E così, mentre la città arranca tra problemi seri e concreti, lui taglia. Taglia nastri, taglia torte, taglia il tempo da dedicare all’amministrazione.

Il centro è diventato il suo set preferito. Lo trovi ovunque: al mercato, dove si aggira come se comprasse lì fin da quando per telefonare si utilizzavano i gettoni telefonici; a scuola, come se avesse appena finito il compito di matematica; nei bar, come se cercasse voti nel fondo della tazzina.
Un giorno una stretta di mano, l’altro con il braccio sulla tua spalla, poi un selfie con sorriso standard ISO 9001.

E i comunicati? Uno al giorno, anche nei festivi. Ma prossimamente: uno al mattino e uno alla sera. Tutti uguali: “Ciarapica ha inaugurato”, “Ciarapica ha visitato”, “Ciarapica ha assaggiato una pizzetta ed è parso soddisfatto”.
Niente di sostanza, eh. Però vuoi mettere quanta visibilità?!

Del resto, con l’aumento di 6.000 euro al suo staff – che già ci costava 77.500 euro l’anno e che ora arriva a 83.500 – i like devono salire, altrimenti i numeri non tornano.
Più staff, più social: è il nuovo Piano Urbanistico della visibilità, dell’apparire a ogni costo.
D’altronde non si amministra più: si programma, si narra con tanta retorica, si posta e si tagga.

Non c’è una realizzazione, ma c’è un reel.
Non c’è una visione, ma c’è un tramonto su Instagram.
Non c’è confronto, ma c’è un collage su Facebook con sottofondo motivazionale.
Una promessa non si nega a nessuno, tanto tutti se la scordano il giorno dopo. Allora: promesse a tutti.

E tutto questo, perché?
Perché settembre 2020 brucia ancora, quando l’avventura regionale si è conclusa con un’amara verità: un sindaco non amato dalla sua città per quello che fa’. E allora ha scoperto che non basta sorridere alle sagre per prendere voti.
Da lì, la metamorfosi: l’uomo è diventato algoritmo, consigliato da illustri personaggi, e la città una scenografia da campagna permanente.

Intanto, le tasse aumentano. Tipo la TARI: +8%. Ma non solo.
Pero’ per la narrazione va tutto bene: tanto il comunicato con la faccia del sindaco lo pubblicano lo stesso tutti, perché comunque saranno ricompensati.
Non importa se il cittadino paga di più.
Importa che metta il like.

E chissà che, nonostante questo ritmo, alla fine della campagna elettorale non gli sfugga proprio l’unica inaugurazione che per lui conta: quella della sedia regionale, se ancora una volta l’uomo del ducato, come nel 2020, riuscirà a sottrargli.

Di Maria Antonietta

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