COSI’ IL CAVALIERE CONTROLLAVA RAI E TG

berlusconi_dito_teso_adn-400x300“Il Capo ci ha convocato” Mimun, Deborah e gli altri così operava la struttura Delta . Il premier e i Tg nelle telefonate della Bergamini . Ieri ho chiamato il dottore per un problema sul contratto di Vespa: mi ha detto che noi dobbiamo vederci. Qualcuno ha sentito il capo, qualcuno ha avuto il coraggio? Decidiamo una roba, perché tra poco ci friggono.

MILANO – Opera nell´ombra, senza farsi vedere. Funziona così, per usare le parole di Joseph Conrad, la Struttura Delta. Forse esiste anche oggi in Rai, ma nel 2005 i vertici erano Alessio Gorla, Gianfranco Comanducci, Clemente Mimun, Fabrizio Del Noce e Deborah Bergamini, come testimoniano le intercettazioni del processo Hdc, la società fallita di Luigi Crespi.
Era l´alba del 5 aprile, il giorno successivo alle Regionali in cui il centrodestra venne sconfitto per 12 a 2 dal centrosinistra. La Struttura si deve riorganizzare, tirare le fila del lavoro fatto e decidere il proprio futuro. A metterla in moto è Mimun, ex direttore del Tg1, in una telefonata con la Bergamini (allora vicedirettore marketing della Rai), in cui commentano la puntata elettorale di Bruno Vespa, colpevole di aver messo «l´Italia in rosso». «C´è chi capisce e chi non capisce», dice la Bergamini, riferita al conduttore di Porta a Porta. «Qualcuno ha sentito il capo, qualcuno ha avuto il coraggio?», le chiede Mimun. «L´ho sentito ieri alle sei per dirgli questa cosa che Cattaneo voleva dare anche i dati del riepilogo. Ringhiava non parlava: “Tu chiamati Clemente, chiamati Mazza, non esiste”». Il capo è il premier Silvio Berlusconi. Per Mimun, ognuno ha le sue responsabilità, Berlusconi avrebbe dovuto ammettere la sconfitta. E qualcuno glielo dovrebbe dire: «Non possiamo fare come quelli che dicevano al Fuhrer (parlo di cose che mi fanno schifo) che la guerra sarebbe vinta» e poi le cose vanno male, confida alla Bergamini. «Adesso vedrai che è colpa nostra. Intanto stamattina c´è in discussione il mio contratto per i prossimi cinque anni, un paio di cocuzze all´anno», aggiunge Mimun. «Senti tu domani c´hai impegni a pranzo?», chiede la Bergamini. «Mi tengo libero comunque», risponde Mimun, aggiungendo però che «era importante farlo prima l´incontro». Ora «tutte le nostre sedi sono vacanti».
Pochi minuti dopo la telefonata con Mimun, la Bergamini avverte Comanducci (responsabile del personale Rai): «Che ne pensi se domani, se estendiamo, e ne approfittiamo per fare un piccolo raggruppamento, ho già parlato con Clemente, ora chiamerei anche Fabrizio e Alessio». E così avviene. Gorla (consigliere Rai) riferisce di aver chiamato il premier: «Ieri ho chiamato il dottore per un problema che riguarda il contratto di Vespa, l´ho trovato tranquillo e mi ha detto comunque che noi ci dobbiamo vedere la settimana prossima». «Se ci sei – dice la Bergamini – facciamo un momento di raccoglimento con Fabrizio, Clemente e Comanducci, prima di vederlo la settimana prossima. Se andiamo al Cicerone va bene? Saremo noi cinque e basta». L´appuntamento è fissato per l´una e mezza del 6 aprile all´Hotel Cicerone, lontano da occhi indiscreti, perché in Rai, loro cinque insieme «farebbero notizia», dicono nelle intercettazioni.
Il 6 aprile, poco prima del pranzo programmato, Mimun chiama di nuovo la Bergamini: «Facciamo in modo che oggi decidiamo una roba, tra poco ci friggono. Sai come titola l´Unità? Ciao Mimun». E chiede di nuovo: «C´hai parlato con lui (il premier, ndr)?». «Gli ho mandato un documento molto duro sulle ragioni della sconfitta e su cosa fare», risponde la Bergamini. «È giusto vedersi insieme, ma abbiamo ruolo e responsabilità diverse. Tu sei Eva Brown, sei morta a prescindere, io sono morto a prescindere, Del Noce è morto a prescindere, Comanducci pure. In ogni caso sono posizioni molte diverse. Bisogna impiccare i traditori e vedere cosa si può fare. Dovevamo farlo prima delle Regionali».
La riunione successiva è fissata per l´8 aprile, sempre a pranzo, ma non ci sono Gorla e Mimum, si vedono solo la Bergamini con Del Noce (ex direttore di Rai Uno) e Comanducci, che suggerisce di vedersi in Rai, tanto non c´è nessuno per la concomitanza con i funerali del Papa («Chiedi a Fabrizio, dà nell´occhio se c´è Clemente, Gorla, ma se siamo io te e lui facciamo qui»).
La Struttura Delta ora ha parlato, si è confrontata, è arrivato il momento di riferire al capo. È l´11 aprile, Marina la segretaria di Berlusconi convoca la Bergamini: «Il dottore mi ha detto che mercoledì deve vedere gente Rai, Mimum e altri («Deborah sa tutto», sono le parole di Berlusconi). L´appuntamento è prima spostato, da Palazzo Grazioli a casa Cantoni (Giampiero, senatore del Pdl), poi salta e infine viene rinviato a quando la Bergamini tornerà da Las Vegas. Ma i temi dell´incontro sono fissati: «Raccomandare un direttore generale visto che Cattaneo ha trovato l´accordo su dove andare», un direttore da scegliere tra qualcuno di «quelli che sta seduto a quel tavolo lì» e schedare «giornalisti, artisti e programmi», perché «la Rai così non gli serve». «Perché averla senza averla?», si chiede la Bergamini, alla quale fa eco Mimum: «L´informazione deve essere un presidio antiguai».

SECONDA PUNTATA
Articolo di WALTER GALBIATI e EMILIO RANDACIO da La Repubblica del 4 Luglio 2011

“ORGANIZZIAMOCI COME FORZA ITALIA SERVONO PROGRAMMI CHE PORTANO VOTI”

MILANO – “Dobbiamo organizzare la Rai come se fosse Forza Italia”, dice Francesco Pionati a Deborah Bergamini, “il direttore che dirige l’orchestra”, il capo della Struttura Delta, l’ex segretaria di Silvio Berlusconi, mandata in Rai come vicedirettore marketing strategico. E se lei comanda, gli ideologi sono Clemente Mimun, già direttore del Tg1, oggi a capo del Tg5 di Mediaset, e l’allora notista politico del Tg1, Francesco Pionati, oggi parlamentare iscritto al gruppo Iniziativa responsabile.

LE INTERCETTAZIONI La struttura Delta

“IL CAPO DEL GRUPPO RAI”
Le telefonate intercettate nell’ambito dell’inchiesta sul crac della Hdc, la società del sondaggista Luigi Crespi, rivelano come funzionava la Struttura Delta, l’organizzazione che nel disegno di Silvio Berlusconi e dei suoi uomini doveva controllare l’informazione in Rai.

Nel 2005 a guidarla c’erano, oltre che la Bergamini e Mimun, Alessio Gorla, consigliere Rai, Gianfranco Comanducci, a capo del personale, e Fabrizio Del Noce, allora direttore di Rai Uno. Ma la teorizzazione di come si doveva agire prima e dopo la sconfitta delle elezioni Regionali del 2005 esce dalle parole di Pionati e soprattutto di Mimun, “un discorso di filosofia – sentenzia l’ex direttore del Tg1 – che passa attraverso le reti che abbiamo già individuato mille volte: l’informazione deve essere un presidio antiguai con qualche uscita laddove è necessaria nelle vigilie particolari”.

Pionati sa che la Bergamini è “il capo del gruppo Rai” e la consiglia: “Tu fatti capo di una squadra che comunque si ripropone al presidente. La ripresa politica sua passa per un riassetto complessivo, cioè lui deve potenziare le strutture che lo sostengono”.

La Struttura Delta deve essere messa in condizione di agire, Berlusconi “deve dargli un senso”, specifica la Bergamini. “Per vincere – aggiunge Pionati – deve rimettere in posizione tutti i pezzi di batteria. Io gliel’ho detto molto chiaramente, ma devi fare tu questo discorso a nome nostro e dire riprogrammiamo l’azienda nei punti dove tu dovrai fare leva per recuperare. Faccia un elenco di persone, poi li posiziona come gli pare nel suo interesse”.

“FANNO RIDERE I POLLI”
Insomma, l’imperativo è organizzarsi di nuovo perché qualcosa non sta più funzionando, ci sono programmi e conduttori “che fanno ridere i polli, che non fanno ascolti, non portano voti, non portano consenso, testate abbandonate a se stesse”.

La Bergamini è pienamente d’accordo e spiega di aver fatto presente tutto questo al premier. Pionati però vorrebbe più decisionismo: “Per levare Mentana da Canale 5 c’ha messo tre anni, ci volevano tre giorni, deve operare e basta. Questo mi piace, questo non mi piace. La Bergamini è stata delegata a fare certe cose, quello che mi dice, faccio”. Per Mimun, i cattivi esempi stanno su Canale 5: “La riunione della redazione del Costanzo show o come si chiama oggi, è cominciata con lo champagne. Lui dà miliardi a gente che brinda quando perde”.

Quali sono i gangli della Rai da controllare, lo dice sempre Mimun, delegato dalla Bergamini a compiere un lavoro di schedatura sui giornalisti. “Il quadro – argomenta Mimun – lo facciamo più sintetico perché i tempi fanno sì che non bisogna puntare a grandi sogni, ma a delle piccole realtà, bisogna fare quel poco che serve dove riusciamo a comandare ancora”.

Ecco lo schema: “Quindi si tratta di tre posti, Uno, Due e Radio”, ma anche di Uno mattina. Su Rai Uno sono coperti, finché durano Mimun e Del Noce, mentre sul secondo canale le cose potrebbero cambiare. “Un tempo noi avevamo due vicedirettori e un capo dell’economia al Due che erano Renzoni, Masotti e Cantore. Ora Cantore è a Bruxelles e l’economia è libera e dei due vicedirettori Masotti e Renzoni non muore nessuno e in più tenete Scalzi sotto schiaffo. Queste due cose rendono impossibile confermare che abbiano il potere su Uno mattina, a quel punto ce lo pigliamo noi”.

“BONAIUTI BONACCIONE”
L’organizzazione diventa fondamentale di fronte a una probabile rottura delle righe causata dal ribaltone elettorale. Secondo Mimun, c’è già la coda di giornalisti da Marco Follini (Udc) per accreditarsi in Rai. “Che Giorgino ci fosse andato ero sicuro, tant’è che il fratello era stata candidato per l’Udc ad Andria. Lui fa quello che gli fa schifo Mimun, Berlusconi. Bisogna dedicare il tempo che resta a impiccare i traditori e vedere cosa si può fare. Dovevamo farlo prima delle Regionali”.

Pionati chiede alla Bergamini un cambio di marcia. “A me interessa che ci sia una forma di organizzazione del gruppo e una forma di incentivazione per noi, che ci permetta di lavorare. Lo stile Bonaiuti, da bonaccione, non paga più”. “Siamo troppo pochi – aggiunge il notista – insieme possiamo fare un gruppo. Tanto per essere chiari, come ha fatto con Forza Italia il presidente dovrebbe fare con la Rai. Ragazzi, quanti siamo qua, dieci? Ci vediamo una sera e ci organizziamo”. Bergamini: “Ci piacerebbe moltissimo fare questo”. E la Bergamini sa da dove bisogna partire, dal direttore generale, come confida in una telefonata a Gorla: “Ci vuole qualcuno di estremamente solido e non scendere a compromessi su quella figura, pensando a cose di facciata, in quota a questo o a quello, per non mettere noi che facciamo il lavoro più duro in difficoltà”.

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