Tutto è iniziato nel 1970 quando una signora americana madre di 15 figli con 40 nipoti e 8 pronipoti, Marian McQuade, promuove una campagna per istituire un giorno dedicato alla figura dei nonni. Otto anni dopo il Presidente Jimmy Carter sceglie il mese di settembre (la prima domenica dopo il Labor Day), l’inizio dell’autunno, la stagione legata simbolicamente allo sfiorire della vita per festeggiarli ufficialmente. Molti altri paesi seguiranno l’esempio americano e tra questi anche l’Italia che nel 2005, con la Legge n. 159 del 31 luglio, istituisce la Festa Nazionale dei Nonni il 2 di ottobre, al fine di “celebrare l’importanza del ruolo svolto dai nonni all’interno delle
famiglie e della società in generale”. Il non ti scordar di me è il fiore
simbolo, la canzone è Tu sarai e Google dedica un suo doodle. Non manca niente per far rientrare anche questa festa nel consumismo che accompagna tutte le occasioni prestabilite da calendario. Unico appunto: esiste la festa della mamma e la festa del papà, così come quella dei cornuti e delle cornute, avrebbero potuto istituire la festa dei nonni e la festa delle nonne.
Ecco spiegato il #cosechesidicono di questa settimana “La Festa dei Nonni? E da quando?”. Forse a gran parte di noi è sfuggito eppure in questa società che invecchia sempre più velocemente il ruolo degli anziani non è di secondo piano. Lo ha sottolineato il Presidente Mattarella, ricevendo in Quirinale il 2 di ottobre una delegazione di nonni, nonne e nipoti nel decennale della ricorrenza: “I nonni sono non soltanto una figura di riferimento affettivo ma sono anche sempre di più figure che affrontano e sorreggono compiti nuovi nella società di oggi….Svolgono funzioni di supporto delle famiglie di figli e nipoti. Sovente con la loro pensione e i loro risparmi aiutano i figli che sono in momentanea difficoltà, particolarmente in questi anni di crisi”.
Praticamente sono un ammortizzatore sociale.
La Federanziani ha provato a quantificare il valore economico di questi ammortizzatori sociali umani. In un video tenta di scardinare alcuni luoghi comuni ricorrenti quando si pensa alle persone anziane o vecchie (sarebbe da restituire dignità a questa parola da cui ormai si rifugge troppo spesso).
La loro presenza nel quotidiano, andare a prendere i nipoti a scuola, aiutarli a fare i compiti, far loro compagnia, se fosse pagata 7 euro l’ora costerebbe 24 miliardi di euro. Le loro pensioni sono pagate dai giovani?
Certo, ma sono 5.4 i miliardi di euro che elargiscono per ripianare i conti familiari dei figli, anche semplicemente pagando la spesa o aiutando per qualche bolletta. La Federanziani si chiede inoltre se siano un peso morto per la società. La risposta è che danno lavoro a circa 3 milioni di assistenti familiari. E l’immagine classica dei vecchi seduti alle panchine viene scardinata dai dati del movimento turistico, un settore sostenuto con un giro d’affari di circa 6 miliardi l’anno.
Amareggia che per recuperare il valore sociale e umano degli anziani si debba ricorrere all’economia. Essere vecchi non è una colpa, come essere giovani non è un merito. Sono fasi della vita che durano poco, entrambe.