“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti”.
Sono così note queste parole di Antonio Gramsci che a volte si rischia di abusarle perdendone di vista il significato. Ma in questi giorni in cui si festeggia il 71° dalla liberazione nazifascista possono tornare a fiorire e a illuminare la strada da percorrere. Il #cosechesidicono di questa settimana coglie una domanda impropria “Ma ancora?”, come se potesse venire a noia il tornare sui fatti che hanno portato alla nascita della nostra democrazia, come se i valori di allora avessero perso il loro peso.
Non saprei usare parole adeguate e all’altezza dei grandi per spiegare l’importanza di un “Ora e sempre Resistenza”, quindi preferisco affidarmi intanto a quelle di Pietro Calamandrei che un anno prima della sua morte nel 1955 a Milano parlava così agli studenti: “La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna metterci dentro ogni giorno il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Metterci dentro il senso civico”.
Poi a ancora a quelle di Gramsci: “Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti”.
Infine alle parole di Giacomo Ulivi, partigiano morto fucilato ad appena 19 anni nel 1944, che in una delle sue ultime lettere dalla prigione così scriveva ai suoi compagni: “No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere! La cosa pubblica è noi stessi, ciò che ci lega ad essa non è un luogo comune, una parola grossa e vuota come patriottismo, è la nostra famiglia, il nostro lavoro, il nostro mondo. Il nostro interesse e quello della cosa pubblica finiscono per coincidere, per questo dobbiamo curarla direttamente, personalmente, come il nostro lavoro più delicato e importante, perché da questo dipendono tutti gli altri. Se non ci appassioniamo a questo, quella ripresa che speriamo sarà impossibile. Può anche bastare che con calma cominciamo a guardare in noi e ad esprimere desideri: “Come vorremmo vivere domani?”.
Chi di noi non si fa anche oggi questa domanda? Ed è molto più bella di un “Ma ancora?”